L’istinto al cambiamento, all’essere perennemente in movimento, nel lavoro e nella vita, mi si è rivelato spesso utile per evolvere, e anche per tirarmi fuori da svariati casini. Ma non si può dire che sia una che ama la stabilità. Anche quando tutto sembrava andarmi bene, ho sempre cercato qualcosa che non sapevo con precisione nemmeno io cosa fosse, finendo puntualmente per buttare all’aria tutto quello che avevo costruito, a intervalli più o meno regolari.
Per questo, non so se credo o meno al destino. Di sicuro non credo nell’ancora di salvezza piovuta dal cielo, anche se quell’ancora si presenta con le sembianze dell’essere che amo di più al mondo.
Di certo, però, l’arrivo di Ozzy è stato il punto di snodo di una serie di coincidenze troppo assurde perché persino io, scientista e rigorosa fino al midollo, possa credere che siano casuali. Ozzy avrebbe dovuto essere il punto fermo che avrebbe chiuso un periodo nero, e invece è diventato il motore propulsivo di qualcosa che non avevo preventivato, di un processo che ha incluso in ugual misura tragedie e miracoli. Se dovessi credere che quello che è successo negli ultimi cinque anni sia solamente frutto del caso, dell’entropia, del caos, allora probabilmente mi dovrei classificare come una persona assai più disperata di quanto io già non sia.
Parliamoci chiaro: chiunque condivida un pezzo di strada con un animale potrebbe scrivere un libro sulla propria esperienza. Io non sono più bella né più brava di nessuno, e, abbiate fede, se c’è una cosa nella vita che NON dovete fare, ne va della vostra incolumità psicofisica, è prendermi come esempio.
Perciò vi rassicuro: questo libricino non parlerà di self-help, di coaching, di rebirth, di empowerment, di skills.
No.
Casomai, sulla copertina dovrebbe essere stampato a caratteri cubitali Do not try this at home, perché non vorrei spingere nessuno a prendersi un piccolo amico peloso per cambiare la propria vita.
Perché ve la cambiano.
E potrete avere tutti gli animali domestici che vorrete, e vi affezionerete a tutti, ma a un certo punto arriverà quello. Quel piccolo folletto che innescherà una rivoluzione che, ne sono convinta, non tutti sono pronti a cavalcare nel momento in cui arriva.
Io, di sicuro, non lo ero, e più che cavalcare l’onda ci ho annaspato malamente, rischiando a più riprese l’annegamento.
Quindi mi piacerebbe solo raccontarvi una storia, e forse farlo servirà più a me che a voi, perché a un certo punto ho sentito l’esigenza di condividere alcune emozioni. Perciò, se alla fine di questa logorroica sequenza di cani, dinosauri, musica, socio-fobia e assurdità varie, sarò riuscita a strapparvi una lacrimuccia o un sorriso, io la mia scommessa l’avrò vinta: mettere su carta le parole che da anni cerco per raccontarmi, e che solo un cane è riuscito ad abbaiarmi in faccia.
Ah, spoiler: tranquilli, il cane non muore. Qualche umano però sì.
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