Prendete una poco più che trentenne bergamasca in piena crisi esistenziale. Vorrebbe essere una brillante e affascinante donna in carriera, ma proprio non ce la fa. Ari è goffa, ipersensibile, un po’ nerd. Ama i fantasy, la musica rock e metal e i dinosauri. Convive faticosamente con quella che lei chiama “la cosa”, un disagio non meglio diagnosticato che getta un’ombra funesta su tutta la sua vita. Vive in funzione delle aspettative altrui, e non sa chiedere di essere amata così com’è. Finché una serie di (s)fortunati eventi e un buffo cagnolino dal nome da rockstar romperanno una volta per tutte questo meccanismo malato, insegnandole a comunicare con le persone a cui tiene. Ma il destino tenderà loro un nuovo agguato. Riusciranno Arianna e Ozzy a superare la prova più dura, in un mondo che sembra impazzito?
Perché ho scritto questo libro?
Fin dal primo incontro, ho sempre saputo che avrei finito per scrivere qualcosa su Ozzy. Quello che il mio cane ha smosso nella mia vita era troppo potente per non condividerlo. Certo, magari avrei voluto una storia diversa… ma questa abbiamo avuto, e spero che leggerla possa aiutare qualcun altro che si sente un po’ cascato su questo pianeta per sbaglio come me.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Chiarisco subito: io non ho un bel rapporto con le emozioni. Le mie, quando va bene mi devastano, quando va male non capisco cosa siano, ed è allora che combino dei casini epocali. A volte sembro perfettamente centrata, altre volte sono strana, mi fisso su alcune cose, e non sono in grado di spiegare perché. Sono nata così, e per parecchio tempo ho sinceramente creduto di essere deficiente, e non che i fatti mi smentissero più di tanto, diciamolo. Poi, per vie talmente contorte che non tento neanche di descriverle, ho capito che parlavo un’altra lingua, e che mi serviva un traduttore di emozioni. E, nel giro di poco, il traduttore in questione è salito, sculettando allegramente, a bordo di quelle montagne russe emotive e mentali che costituiscono la mia esistenza, tirandone drasticamente il freno e abbaiandomi qualcosa che suonava come “OK, tu adesso smetti di girare a mille come una trottola rincoglionita, scendi da qui e andiamo a fare un giro nei boschi.” E io, più rincoglionita che mai, l’ho seguito. Per campi, boschi, montagne, strade, ovunque il suo nasetto perennemente incollato a terra ci portasse. Sto imparando a vivere alla mia velocità, e non a quella delle cose che mi travolgono.
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