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Thebèth – Libro Primo: Signori delle Parole

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Nei boschi che circondano Forte Puro, dimora dei Nove Arcimaghi, il giovane Chadwick scopre il cadavere di un uomo. I segni sul suo corpo sono inequivocabilmente una firma. Ma anche l’infausto segnale di una guerra imminente tra il bene e il male: un conflitto mai davvero sopito, che adesso riprende vigore, perché gli emissari di Talar, il Crepuscolo, si stanno muovendo. Gli Arcimaghi dovranno unire le forze e affidarsi al potere del Verbo per contrastare l’avanzata delle tenebre, che vagano per il continente alla ricerca di individui dai poteri straordinari da irretire e corrompere, affinché il malvagio Talar possa prevalere.

Prologo

Jaspers allungò il becco nel tentativo di strappare le carni della carcassa. Il gozzo implorava nutrimento. L’animale contava di affondare il rostro nella ferita del costato ma era sottile, superficiale e pareva così impenetrabile. Ruotò il capo, studiando il tesoro che aveva trovato grazie al suo arguto ingegno. Il cervo era lì davanti a lui, imbandito ma irraggiungibile al gusto.

Il canto dei cardellini e degli usignoli dovette mescolarsi al lamento del buffo uccellaccio. Jaspers si trovò costretto a ricorrere al solito metodo spiacevole; aveva sperato di nutrirsi in fretta, appena visto lo squarcio rosso sulla pelle del cervo, ma le sue aspettative erano state deluse. Fece un saltello per girarsi e spalancò le ali lucide per raggiungere in volo il ramo di una betulla. Così decise di gracchiare, sbraitare senza pazienza, fino a che la sua voce acuta e ruvida permeò gli insidiosi viluppi del bosco. Stava chiamando chi avrebbe potuto aprirgli quelle carni.

Il suo alleato inconsapevole non tardò: un lupo superò il fusto di una betulla dopo aver sentito il richiamo di Jaspers e si fiondò sulla carcassa. I denti della fiera aprirono lo scrigno succulento.

I lupi non erano mai mancati a Bosco Candido. Da sempre si sentivano come indiscussi padroni di quei luoghi di mezzombra, ma Jaspers li aveva sempre sfruttati per appagare i suoi desideri, quand’anche non gli piacesse ricorrere a loro per nutrirsi con più facilità. Non amava comportarsi come gli altri corvi del bosco e generalmente disprezzava il doversi affidare ad altri per procurarsi da mangiare; quando riusciva a farlo da sé, godeva dei frutti delle sue abilità, ma stavolta era stato costretto.

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Suo malgrado, attese con pazienza che il lupo si saziasse e, quando si dileguò, Jaspers discese finalmente verso il tesoro che era stato obbligato a condividere.

La sera stava per giungere e il cielo si era già adornato del colore del tramonto. In lontananza, l’Altopiano Alabastrino iniziava ad ammantarsi di un caldo rossore e Alabéithia, l’enorme città che ospitava sulle sue alture, brillava come un diamante, assecondando le luci del sole morente. Era per ragioni come questa che l’alta città era comunemente conosciuta come Città d’Alabastro.

Jaspers aveva da poco finito di riempire il gozzo, quando la sua attenzione fu catturata da sinistri rumori in lontananza. Si voltò di scatto, schiamazzando. Sentì improvvisamente dei passi rapidi arrancare sulle foglie secche, e urti sporadici contro le cortecce degli alberi. I tonfi sordi lo preoccuparono. Gracchiò in modo secco e decise di volare via subito. Non per paura, ma per sua abitudinaria prudenza.

Un uomo pallido e smilzo avanzò tra gli alberi, con logori pantaloni sporchi di terra e una verde mantella di cotone provvista di un cappuccio. La mantella un tempo era appannaggio di chi poteva permettersi di spendere parecchie drafie d’argento per il proprio vestiario. L’uomo si voltò terrorizzato, camminando all’indietro col fiato grosso. Cadde finalmente sulle ginocchia, ai piedi di un acero. Sono salvo, pensò, immaginando di poter riposare. Poteva sentire le acque del Fiume Dhrena scorrere tranquille e quiete: erano più vicine di quanto non credesse.

Un ramo dell’acero si scosse sopra di lui e l’uomo ebbe il cuore in gola.

Alzò lo sguardo in uno scatto: un ragazzo sulla trentina era accovacciato sul ramo, agile come una pantera pronta a cacciare. Appena accortosi di lui, l’uomo smilzo riprese a correre, i capelli scuri e lunghi al vento.

Il crepuscolo giunse a coprire il cielo come un anatema. La volta si sottomise alle tenebre e la luna troneggiò chiara, illuminando ogni cosa con luce fioca.

Bosco Candido si era scoperto una benedizione per tutt’e due: prendeva il nome dal fatto che anche di notte, più spesso di quanto si pensasse, il riflesso della luna consentiva di scorgere bene dove mettere i piedi. Un incantesimo antico, si diceva, per agevolare i pellegrinaggi verso il Tomo. Quando si facevano.

Il giovane saltò di ramo in ramo, agilmente, seguendo l’uomo, disperato ma coraggioso, che s’inerpicava tra le radici sporgenti, annaspando per rimettersi in piedi durante la corsa. Ma all’improvviso non vi erano più alberi a nasconderlo: i suoi occhi e le sue orecchie non videro né sentirono altro che le calme acque del Dhrena.

2023-12-17

Aggiornamento

AVVISO IMPORTANTE! Dal 17 Dicembre al 23 Dicembre sarà attivato uno sconto al 30% sul preordine! Approfittatene: questo mi consentirà tra l'altro di raggiungere il prossimo obiettivo. Grazie infinite per l'attenzione!
2023-12-09

Aggiornamento

Sono talmente lieto di annunciare che grazie al vostro grandioso aiuto il libro sarà pubblicato e distribuito nelle librerie italiane! Grazie mille a tutti! Confido in un altro aiuto per soddisfare il secondo obiettivo che mi consentirà di avere agevolazioni di marketing importanti!
2023-10-20

“Rino Rivetti, dal convento al fantasy” del Corriere del Mezzogiorno.

A ventinove anni Rino Rivetti ha già vissuto almeno quattro vite. Tutte – confida – con lo stesso nemico da combattere: la noia. La prima, fino alla maturità conseguita presso il liceo linguistico Manzoni di Caserta, come normale studente. La seconda, da attore, perché a calcare le scene è stato portato quasi naturalmente dal fatto che il suo compleanno cade a febbraio, nel periodo di Carnevale, e, quindi, di anno in anno, di festa in festa, mascherandosi sempre da qualcun altro, ci ha preso gusto. La terza vita, invece, è cominciata a 23 anni, e lo ha portato a essere un novizio francescano in un convento vicino Ascoli Piceno, nelle Marche. La quarta, infine, è quella di scrittore in erba. Uno scrittore di genere fantasy, per la precisione. Perché se Rino ha vissuto materialmente quattro vite, nella sua immaginazione chissà a che numero è arrivato. «Combatto la noia da sempre» «Effettivamente non saprei dirlo. Ma, fin da piccolo, se mio padre Giovanni lo ha fatto con le bici, la sua grande passione, io ho viaggiato molto con la mente. E la scrittura è proprio il principale antidoto che ho trovato a ciò che nella vita mi ha fatto sempre più paura: annoiarmi». Fatto sta che, dopo aver fatto leggere il suo manoscritto a varie case editrici, finalmente, Rino ne ha trovata una – Bookabook – pronta a scommettere sul suo lavoro. A patto, però, che, in cento giorni, su Internet, ci siano almeno duecento prenotazioni di quello che dovrebbe essere solo il primo libro, «Signori delle parole», di una saga intitolata «Thebèth». Per qualche mese, con la sfida di questa sorta di crowdfunding in atto, la noia sarà solo un brutto ricordo: «Da bambino anche i giocattoli mi annoiavano a morte: anche se non mi è mai mancato nulla, ho sempre preferito rifugiarmi nella mia fantasia per stare bene. E pensare che mia sorella Rosy è il contrario di me: è sempre stata molto rigorosa e pragmatica, tant’è che oggi è una poliziotta. Ma chi, come lei, mi conosce, considera naturale il mio approdo al fantasy. Oltre al fatto che quello che adesso posso promettere ai miei lettori è proprio questo: che avranno un mondo senza noia con cosmogonie ricche, leggi magiche intricate e personaggi vividi, ognuno dei quali, in realtà, rappresenta una parte di me». «I frati hanno pianto». Inutile ricercare su un vocabolario il significato della parola «Thebèth»: in realtà, significa «prudenza». Ma in una lingua che ha inventato Rino: l’alabèith. In ogni caso: dopo la prima settimana, sono già oltre 130 le persone che ne hanno prenotato una copia. Ma come è nata questa corsa verso la pubblicazione? “Durante la mia esperienza in convento – risponde Rino – Ho cominciato a scrivere “Signori delle parole” quando ero nel pieno del mio cammino verso la Professione solenne, come si definisce il percorso religioso che doveva culminare prendendo i voti e diventando un frate. Sono stato invogliato a far pubblicare il mio libro da coloro i quali per quattro anni e nove mesi sono stati i miei confratelli. Sono stati loro i miei primi lettori. Eravamo in diciassette in convento, tutti abbastanza giovani. E quando sono arrivati all’ultima pagina del mio romanzo si sono emozionati tutti, qualcuno fino alle lacrime». In convento si occupava dell'orto. Per Rino, che in convento si occupava di giardinaggio, di coltivare un orto (la botanica è un’altra sua grande passione), di allevare gli animali da stalla in dote ai frati e di produrre un formaggio, quello è stato uno dei momenti più belli. Anche se è stato il momento che lo ha spinto a interrompere il cammino religioso e a scegliere di seguire un’altra vocazione: quella artistica. Così, ha lasciato il monastero ascolano e da due anni si è trasferito a Napoli. «Dalla placida quotidianità del convento, sono passato alla frenesia di un quartiere come Forcella dove, tra un lavoretto e l’altro, ho ripreso anche la mia attività di attore. Un’arte che ho avuto modo di studiare prima a Caserta nell’ ‘Officina teatro’ di Michele Pagano e Maria Macri e poi qui a Napoli presso la “Scuola elementare del teatro” di Davide Iodice. L’impatto, lo confesso, si è fatto sentire. Ma, ora, per vivere bene, ciò che sogno è di diventare uno scrittore: dai miei confratelli ho imparato a coltivare la gioia che merita la vita, sempre: altro che noia! E questa lezione l’ho imparata soprattutto con l’esempio della creatività che loro continuano a mettere nella fede, ma che io, invece, ora voglio condividere attraverso la scrittura».
2023-11-07

Evento

Casa Sanità - Via Sanità 36/a, 80137 Napoli Presentazione della campagna preordini del romanzo. Spiegherò la cosmogonia dell'ambientazione del romanzo e le relative lingue che ho inventato, presentando i personaggi e i loro punti di vista, la struttura dei loro capitoli personali e le loro evoluzioni. Si darà luogo alla lettura di un capitolo a scelta e si potrà bere del vino per conciliare l'attività.

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Sono stato tra i pochissimi ad avere il privilegio di leggere il manoscritto e mi ha immediatamente catapultato in un mondo ed una storia che volevo non finisse mai. L’autore è un grande talento con le parole riesce a trasmettere il fascino dei luoghi e a farti partecipe della sua infinita fantasia. Non vedo l’ora di leggere il continuo. Assolutamente uno dei miei libri fantasy preferiti!

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Rino Rivetti
Nasce a Caserta nel 1994. Si rifugia nella fantasia per larga parte della sua infanzia, disegnando mappe di mondi fantastici e interpretando personaggi immaginari per diletto. In adolescenza studia recitazione. Decide poi di condurre un’esperienza di ritiro in un convento tra le colline marchigiane per cinque anni, durante i quali scrive “Thebèth”. Attualmente vive a Napoli e lavora come performer.
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