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Tourn il piemontese

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Consegna prevista Novembre 2025
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Emilio Tourn, un tranquillo scalpellino della Val Pellice, si ritrova protagonista di un’epopea straordinaria. Protagonista indiscusso del “Sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, la sua storia è una testimonianza vibrante di resistenza, solidarietà e umanità in uno dei momenti più drammatici del Novecento: la ritirata degli Alpini dal Don.

Attraverso documenti d’archivio, lettere e memorie, “Tourn il piemontese” salva dall’oblio la storia vera di un personaggio che, con ironia e forza d’animo, vuol dare il proprio contributo nel racconto di un’intera generazione travolta dagli eventi della Storia. Tra paesaggi innevati, sacrifici e legami indissolubili, emerge il ritratto di un uomo che, pur non cercando mai la gloria, diventa un’icona di ciò che di più eroico esista: il restare umani, anche nei momenti più bui.

 

 

Perché ho scritto questo libro?

Tra le prime pagine e per ben 29 volte, ne “Il sergente nella neve” si parla di Tourn. Le prime due volte lo chiama “il piemontese” e sorge spontanea la curiosità su chi fosse quel piemontese che – stranamente tra le file della Tridentina – si era trovato sulle rive del Don a sfidare l’Armata Rossa. Chi era Tourn? La ricerca è stata un meraviglioso viaggio nel passato e la figura è emersa limpida dopo anni di oblio. Scriverla è stato un dovere: nei confronti di Tourn e di una generazione intera.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Ho ancora nel naso l’odore della carta che avvolgeva i minuti nei quali sfogliavo quei fragili documenti nell’archivio di Asiago. Erano lettere, nomi, storie, inchiostro: erano vite che scorrevano in corsivo sotto i miei occhi e che terminavano a fondo pagina con una solenne firma. Ricordo la cura con cui aprivo quei faldoni e la gentile competenza di chi li aveva catalogati e custoditi. Al di là della grande finestra si ergevano quei monti che Mario Rigoni Stern aveva amato, mentre negli ordinati armadi della stanza c’era tutta la vita che aveva vissuto. E lì, da qualche parte tra quelle serrature chiuse, speravo di trovare tracce di una storia ulteriore: quella di “Tourn, il piemontese”. E così è stato: il secondo foglio del primo faldone aperto era già una rivelazione. Come se fosse stata lì ad attendere, sghignazzando scherzosamente in quel gioco a nascondino tra i decenni, la firma “Emilio Tourn” era pronta a disvelarsi dopo ore di viaggio e nemmeno un minuto di ricerca – raccontando così, proprio nel sottotetto della Biblioteca di Asiago, alcuni dei dettagli più nascosti dell’amicizia tra quei due ragazzi di tanti anni fa.

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La storia di Tourn, in verità, era già in parte nota a tutti anche prima di quel giorno. Lo era, quantomeno, nella misura in cui a raccontarne la parte più importante è stato proprio Mario Rigoni Stern, quel “sergente nella neve” che con le sue parole ha trasmesso la memoria di quanto accaduto alla 55esima compagnia del Vestone, in quel 1943, a cavallo tra il Don e l’Italia. Proprio da qui è fondamentale partire: Tourn è chiaramente uno dei protagonisti del racconto più letto dell’Italia del dopoguerra, figura fondamentale di una vicenda che si farà testimone dell’odissea degli Alpini, il tutto attraverso un libro che è tra i principali punti di riferimento della letteratura italiana del ‘900. Chiunque abbia letto “Il sergente nella neve” ricorda la figura di Tourn; nessuno, però, sa chi fosse in realtà.

La vicenda di Emilio è diventata una Storia con la S maiuscola proprio grazie alla narrativa di un grande autore, ma i suoi significati li ha in realtà costruiti tutti al di fuori di questa particolare circostanza. Ecco il motivo per cui val la pena conoscere Emilio anche al di fuori della sacca, anche al di là di quanto accaduto al caposaldo, andando ben oltre e ben prima di quel lungo treno che l’ha portato nella steppa.

Nella storia di “Tourn il piemontese” emerge in primis la caratura di Emilio, il quale sarebbe stato sé stesso anche se una incredibile serie di circostanze non l’avesse portato fianco a fianco di uno dei migliori scrittori del ‘900 – senza che nessuno potesse neppure immaginare una cosa simile nel momento stesso in cui accadeva. Anche Mario ancora non sapeva che sarebbe stato il Mario Rigoni Stern che ognuno di noi ha oggi in mente. Tourn era una persona “normale” che ha vissuto qualcosa di completamente fuori dall’ordinario: la guerra, la malattia, la prigionia, il tutto viaggiando tra le parole di più libri, scritti dalla memoria di più persone. È tra i soldati di Bedeschi come nei racconti di Revelli, è a fianco di Nelson Cenci così come tra le vicende narrate da Moscioni Negri: sempre in prima linea e sempre in primo piano, lui che avrebbe fatto volentieri a meno sia dell’una che dell’altra cosa. Ma è stato in modo particolare Mario Rigoni Stern a girare specificatamente i riflettori verso Emilio Tourn e a tracciarne un profilo a tutto tondo, mettendone in luce quella cifra umana che in queste pagine proverò a raccogliere goccia dopo goccia, parola dopo parola, come bene prezioso da conservare e del quale rilanciare la memoria.

La storia di Emilio Tourn, quindi, va raccontata per quella che è e per come si sono svolti i fatti nel loro ordine naturale, poiché è essa stessa a parlare e a farsi portatrice di quei valori che ognuno saprà identificarvi all’interno. Lo si può fare, a distanza di tanti anni, in parte grazie alle documentazioni disseminate negli archivi e in parte grazie alle testimonianze di chi lo ha conosciuto. Laddove non è il nostro protagonista a farcele pervenire, lo sono le storie di un contesto pieno di narrazioni incrociate che, come una grande trama divina, avvolgono Emilio e ce lo riconsegnano a tutto tondo a distanza di quasi un secolo.

Perché raccontare proprio Tourn e non Moscioni, Cenci, Pintossi o Giuanin? Perché non Antonelli o Chizzarri, o magari Bodei? Per ben due volte, fin dalle prime pagine de “Il sergente nella neve” Emilio è annunciato come “Tourn, il piemontese”. Ma non è nella semplice curiosità per questo appellativo il motivo cardine per cui ho voluto capire chi fosse davvero quel Tourn (del quale, almeno inizialmente, ignoravo ogni altra informazione che non fosse questo particolare cognome – sempre che fosse davvero un cognome e non un soprannome, cosa che inizialmente non si poteva dare per scontata). Semmai, il desiderio di capire nasce dal modo in cui Emilio compare lungo tutto il racconto: la sua è una descrizione umana approfondita e dettagliata, disseminata in tanti piccoli particolari a volte detti, a volte sottaciuti, spesso lasciati tra le righe.

Il testo lascia così trapelare quello che è indubbiamente un rapporto stretto tra sergente e soldato, tra i quali fu immediata una speciale sintonia. Rigoni non lo dice mai in modo esplicito, ma lo lascia intendere spesso: Tourn è al centro della prima descrizione ed è il soggetto che più di ogni altro l’autore ha voluto tratteggiare con preciso dettaglio personale; è il primo ad agire al fianco del sergente a inizio racconto ed è il primo a soccorrerlo una volta fuori dalla sacca. Una figura presente in modo costante, un filo rosso che tiene insieme le parti della narrazione, il tutto all’interno di un profilo caratterizzato con estrema attenzione. Eppure, così come d’improvviso era arrivato, d’improvviso Tourn scompare dalla vita di Rigoni – ma anche questa assenza, a modo suo, troverà in seguito significato e coerenza.

Tourn non è raccontato come gli altri personaggi citati dal sergente nel suo libro, monumento e memoriale della grande ritirata del 1943: questa differenza è ciò che ci ha catapultati dentro quella che sembra materializzarsi come una porta laterale che consente di entrare in un’altra storia e un’altra vita. “Tourn il piemontese” non è un banale spin-off de “Il sergente nella neve” e non è nemmeno semplicemente un ulteriore punto di vista: Tourn ha una storia tutta sua da raccontare, una storia che a un certo punto ha viaggiato tangente a quella di Rigoni, ma che proveniva da altri contesti e che aveva altre direttrici da seguire. Quella di Emilio è pertanto una vicenda piena di significato in sé perché si tratta di una storia ricca di una profondità propria e di significati suoi, che si porta appresso valli, identità e culture con tratti similari – eppur così diversi – a quelli dell’altipiano tanto caro a Rigoni.

Se Mario Rigoni Stern ha dedicato tanta attenzione a questo semplice scalpellino piemontese, un motivo doveva pur esserci. Le informazioni che sono emerse confermano questa sensazione: quello scalpellino non è il classico eroe epico tutto muscoli e avventura, di quelli che si impongono alla storia mettendo avanti la propria immagine; al tempo stesso, è però quel tipo di persona che ognuno di noi vorrebbe al proprio fianco ogni giorno. Soprattutto in guerra, soprattutto nei momenti difficili: Emilio è quella figura preziosa di cui hai bisogno quando ti serve un sorriso, quando cerchi una mano per rialzarti, quando la giornata è storta e non trovi modo di indirizzarla meglio. Gli eroi parlano ai popoli, gli Emilio Tourn sussurrano invece al cuore dei singoli: raccontarlo significa raccogliere una carezza che galleggia sul tempo come una foglia che la corrente si sarebbe portata via. Sta alla sensibilità di ognuno raccogliere questa storia e farla propria.

Tourn è citato per ben 29 volte nel racconto, più ulteriori citazioni successive in altre interviste e libri dello stesso autore. In termini puramente quantitativi, a meritarsi più citazioni ne “Il sergente nella neve” sono stati soltanto Nelson Cenci e Antonelli, ma il profilo umano di questi ultimi non è mai stato realmente presentato – al di là di quelle bestemmie che Antonelli elargiva con generosità e che a Tourn non andavano mai troppo a genio.

Tourn piomba in questa storia un giorno di luglio e ne uscirà soltanto l’anno successivo, lasciando un segno profondo nella narrativa e nella vita di Rigoni. Molti anni dopo, vedendo una foto di Emilio ormai scomparso, il sergentmagiù non potrà che sciogliersi in lacrime, raccogliendo in quel pianto tutto il sentimento di amicizia seminato nel Caposaldo e poi fissato a memoria eterna tra le righe del libro abbozzato durante i duri mesi della sofferenza nell’internamento.

Doverosa è inoltre una puntualizzazione: se la storia di Emilio Tourn appare oggi importante e degna di un racconto ulteriore, non è stato però così per molti anni. Non lo è stato, infatti, al punto che si tratta di una storia che stava per essere dimenticata, così come troppe altre storie nate sul Don sono state rimosse in anni di eccessiva superficialità. Non ci sono colpe né responsabilità da ricercare in tutto ciò: meglio constatare che non fare processi retrospettivi a un’Italia che, al termine della ritirata, ha dovuto fare ancora molti altri anni di cammino per prendere le distanze da ciò che era diventata, con tutte le tragiche conseguenze che questo passaggio ha comportato. Troppi decenni passati a ignorare quella parte di storia italiana che non siamo riusciti mai a metabolizzare per davvero, però, hanno avuto come conseguenza la perdita di una grande occasione: quella della testimonianza. La difficoltà di elaborare quella parte di storia del nostro Paese, una difficoltà in parte sociale e in larga parte politica, non ha fatto altro che spezzare i fili della memoria. I reduci se ne sono andati conservando in cuor loro la propria esperienza, in molti casi seppellendola dietro il freddo marmo della propria lapide e nascondendola dietro i silenti sorrisi di circostanza di cui i cimiteri sono colmi. Quanta sofferenza in quella generazione, e quanta dignità nel soffocarla per evitare di condividerla, come se scaricarla sugli altri avesse potuto inutilmente moltiplicarla di nuovo e ancora. E così i figli hanno girato la faccia dall’altra parte, ed i nipoti spesso non hanno indagato a sufficienza, e le istituzioni non hanno voluto, e le scuole non hanno saputo, e le comunità non hanno potuto.

Della storia di Tourn ne sono rimasti preziosi custodi i cugini e i figli dei suoi amici, i pochi compaesani ancora in vita che hanno gran piacere di raccontarne lo spirito e poi un libro, testimone che ha attraversato piú di mezzo secolo per riconsegnarci integra la memoria di quella che è stata l’epopea degli Alpini in Russia: “Il sergente nella neve”. Anche una lapide in suo ricordo è già andata scomparsa, ma il libro no, né gli archivi, né altre tracce che ci hanno consentito di unire i puntini per vedere disvelarsi sotto i nostri occhi l’incredibile storia di un ragazzo capitato per caso su un enorme palcoscenico – ma in grado di reggere con grande dignità, fino alla fine, l’alto ruolo che l’autore ha voluto per lui.

Oggi la storia di Emilio Tourn è quindi ben più importante rispetto a tanti anni fa proprio perché, una volta scomparsa, si sarebbe portata appresso tutto quel carico di eventi, di dettagli, di valori e di significati di cui invece le nuove generazioni hanno bisogno assoluto. Oggi Emilio Tourn va raccontato perché è esso stesso a presentarsi tramite la nostra ricerca, come a voler completare qualcosa che è rimasto incompiuto dopo una dipartita prematura. Come se avesse avuto ancora qualcosa da dire. La sua è la storia di una persona normale in tempi in cui la normalità è sprofondata, ma soprattutto di una persona tutta d’un pezzo il cui ricordo arriva fino a noi non a caso.

Nella storia di Emilio bisogna immedesimarsi per sentirne gli spasimi, toccarne la dignità e accarezzarne i valori umani. In questa storia l’amicizia si fa morbida, la solidarietà si fa abbraccio, l’allegria si fa luce e tutto diventa di nuovo tangibile, visibile, vivo. Perché qui non si parla di eroi: qui si parla di uomini e del resto cosa c’era di più eroico del restare uomini in mezzo a quella immane tragedia?

Un soffio leggero nel mezzo di un’atmosfera pesante: Emilio Tourn è un afflato di umanità che ha attraversato quella grande tempesta armato di sorriso e che dal 17 gennaio 1943 a oggi non ha mai smesso realmente di camminare. Arrivando lontano. Arrivando fino a noi. Arrivando fino a qui.

2025-02-05

La Fedeltà

Oggi si parla di "Tourn il piemontese" su La Fedeltà. La Fedeltà è il principale giornale di Fossano (CN), ossia la cittadina che ha visto i natali di Lorenzo Perrone, colui il quale salvò Primo Levi durante i mesi nel lager. La storia di Lorenzo, magistralmente raccontata da Carlo Greppi nel libro "Un uomo di poche parole" è stata di grande ispirazione per arrivare alla ricostruzione della vita di Emilio Tourn. Vite apparentemente secondarie, infatti, diventano fondamentali per comprendere altre storie e altre vite. Persone apparentemente in secondo piano, in altre ottiche e altri punti di vista sono state protagoniste assolute del loro vissuto e la loro aura ha avuto un'importanza fondamentale per chi li ha circondati. Raccontarle è importante. Leggerle è formativo. Divulgarle è necessario.
2025-02-01

Aggiornamento

Nella serata in cui si sono rinnovate le tessere del gruppo, e contestualmente alla presentazione di questa fotografia scattata con il Presidente ANA nazionale, Sebastiano Favero, il gruppo Alpini di Cervere (CN) ha dato seguito all'iniziativa iniziata nel 2023 e sfociata nel libro "Tourn il piemontese". Il gruppo ha partecipato con grande entusiasmo creando i migliori presupposti per la campagna di crowdfunding: il passaparola sta per coinvolgere ora gli altri gruppi alpini delle provincie di Cuneo e Torino, ma questa storia dovrà in seguito arrivare a tutti coloro i quali hanno a cuore il cappello con la penna nera, nonché chiunque abbia respirato le emozioni dei libri di Mario Rigoni Stern. Tutto doveva iniziare da qui, perché qui tutto è nato: ora per "Tourn il piemontese" inizia il vero percorso dei 100 giorni e chiunque vorrà partecipare avrà dato un serio contributo allo sforzo di memoria e di testimonianza che questo racconto si prefigge fin dal primo giorno.

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Giacomo Dotta
Nasce a Savigliano nel 1978 e vive a Cervere (CN). Laureato in Scienze della Comunicazione, dal 2003 scrive di tecnologia e innovazione per HTML.it, Punto Informatico, Webnews, Telefonino.net e altri siti. Mentre si fa chiara l'idea per cui il futuro altro non è che un passato che deve ancora arrivare - ed entrambi meritano appassionata narrazione - si apre improvvisa l'opportunità dell'esordio editoriale narrando la vita di "Tourn il piemontese". Una moglie, due figlie, un impegno civile di volontariato e di amministrazione comunale: la scrittura è una passione che unisce trasversalmente tutti questi ambiti e lasciarla scorrere è una pulsione prima ancora che un impegno.
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