“Sai Michi, non so se mi abituerò mai all’arroganza di questa gente. Ok, sei splendida, stai con uno degli uomini più influenti del momento e non appena riuscirai a far trapelare la cosa, naturalmente contro la tua volontà, diventerai anche famosa…ma in fondo se anch’io sono qui come te, tra l’altro senza dovermi accalappiare qualcuno che considero più influente di me, evidentemente so il fatto mio, non puoi trattarmi con superiorità o dare per scontato che io debba sapere chi sei!”
“Ma Claire, è impossibile che ti tratti con superiorità, sicuramente hai avuto un’impressione sbagliata! Anche se fosse arrivata ieri in un furgone di schiavi della manodopera a basso prezzo, dovrebbe per forza sapere chi sei, tutti in questo settore sanno chi sei! Non eri anche tu alla settimana della moda a New York, a presenziare agli eventi in cui sono state richieste le nostre auto? Non hai aperto tu la gara di oggi con l’intervista in diretta su tre reti, una delle quali stava trasmettendo il notiziario?”.
“Sì, in effetti…diciamo che da quando sono diventata Responsabile della Comunicazione e delle Pubbliche Relazioni ho acquisito una certa visibilità. Pensa che adesso ho sempre un tavolo riservato da Costés per me e tre amiche, non è fantastico?!”.
“Ehm, sì, fantastico. È incredibile pensare a quanti risultati si possano ottenere non appena si acquisisce una certa notorietà. Sostegno per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, aiuti per le ONG, sensibilizzazione dell’opinione pubblica su problemi come l’inquinamento e il degrado delle Banlieues…e un tavolo riservato da Costés”. Mi redarguisce Michelle, lanciandomi un’occhiataccia eloquente.
“Non mi trattare con sufficienza…so benissimo che non vedi l’ora che sia venerdì per sfoggiare quelle Jimmy Choo che ti ho portato direttamente dalle passerelle newyorkesi, pensa che qui sono ancora introvabili!”.
È esattamente per questo che adoro Michelle. Perché lei è la parte più pragmatica, concreta e profonda del mio lavoro. E, visto che il mio lavoro attualmente occupa il 110% del mio tempo, lo è anche della mia vita. Quando mi lascio prendere dalle fantasie talvolta futili e illusorie che questo stile di vita è in grado di provocare, Michelle mi riporta a pensare agli aspetti più pratici della mia quotidianità, consentendomi di coniugare la mia esuberanza con una saggezza e una meticolosità che non mi apparterrebbero per natura. E in questo modo creare un potente mix di estro e strategia, in grado di sbaragliare tutti i nostri avversari.
“Sta per iniziare la gara!” Mi avverte Michelle mentre sono concentrata a fantasticare su quanto sia fico il mio lavoro, fica la mia assistente, fico il nostro rapporto e fichissimo il tailleur pantalone di Dior che indosso oggi. “Certo che una volta tanto una gonna potresti anche indossarla. Hai gambe splendide non capisco perché ti ostini a nasconderle.”
“Lo sai cosa succede alle donne che indossano la gonna sul luogo di lavoro? Come minimo, soprattutto se sono alla prima esperienza, vengono marcate come la pornosegretaria a vita. Se sono nella mia posizione, invece, i dettagli su avanzamenti di carriera sospetti e repentini, o su stipendi guadagnati in camere di hotel di lusso si sprecano”.
“Secondo me esageri. Io indosso la gonna molto più spesso di te, ho un lavoro fantastico e nessuno ha mai fatto insinuazioni su una possibile relazione con il mio capo…anche se il mio capo mi porta con sé all’inaugurazione di locali alla moda e mi regala scarpe di Jimmy Choo come fossero fazzoletti!”.
“Ahahah, molto divertente. Aspetta che diventi la strega che tutti si aspettano che sia ora che sono un pezzo grosso e vedrai che la smetterai di prenderti gioco di me in continuazione! Ora andiamo a vedere la gara, altrimenti non avrò la minima idea di cosa dire alla stampa. Speriamo almeno che stavolta si concentrino su qualcosa di diverso da Leonardo di Caprio in visita ai box…onestamente non saprei di cosa parlare, non sono lì per spiarlo come se fossi l’inviata di una rivista scandalistica, io non so davvero cosa passi per la testa di certa gente!”
“Claire, ti ricordo che tra quattro ore parte il tuo volo per Dubai…e considerando che hanno iniziato a correre da dieci minuti e che da qui al Charles de Gaulle ci sono circa tre quarti d’ora qualcosa mi dice che non sarai tu a rispondere alle domande dei giornalisti a fine gara”.
“Accidenti, continuo a dimenticarmi dell’inaugurazione del concessionario di Dubai, ma perché questa cosa non mi entra in testa? Per fortuna che ci sei tu Michi!”
“Già, pensavo la stessa cosa…”.
“Allora facciamo così, vado a dire a De Tressangle che ho dato istruzioni all’Ufficio Stampa di far rivolgere direttamente a lui o ai piloti le domande. Se loro non avranno il tempo di rispondere a tutti ti lascio una scaletta di argomenti da seguire e una lista di frasi che non devono essere pronunciate per nessun motivo in modo che tu possa sostituirmi se sarà necessario ok?”.
“O-occhei. Ma onestamente non so se sarò all’altezza, se si aspettano di parlare con il Presidente, o almeno con l’Head of Communication, non credo che accetteranno di buon grado che gli venga rifilata un’impiegata qualunque…”.
“Ma quale impiegata qualunque?! Ti ho detto che ho già sottoposto alla Direzione la richiesta della tua promozione e che sarà formalizzata alla Convention di mercoledì prossimo? Avranno l’onore di parlare con la nuova Responsabile dei Rapporti con i Media”.
“Ma no! Non mi avevi detto nulla!”.
“Bhe allora te lo sto dicendo adesso. Io lavoro sedici ore al giorno e sono costantemente indietro con tutto, dovrei essere in più posti contemporaneamente e rischio di perdermi informazioni ed eventi fondamentali. Non ho bisogno di una segretaria, quello che mi serve è un braccio destro, una persona capace, dinamica, intelligente e proattiva, che sia in grado di fare le mie veci quando io non ho la possibilità di essere presente. Questa persona sei tu Michelle. E sarebbe terribilmente ipocrita farti svolgere una parte così importante del mio lavoro senza riconoscertene il merito, sia a livello formale che economico. Io e te lavoriamo fianco a fianco, ci siamo capite?”.
“Ho capito, Claire. Sono davvero colpita dalle tue parole, nel mondo del lavoro al giorno d’oggi è davvero difficile che alle persone senza raccomandazioni vengano date delle opportunità così importanti…specialmente se sono delle donne in un settore considerato ad appannaggio di tecnici e in una realtà consolidata e strutturata come questa azienda. Ti sono davvero riconoscente”.
“Scusami, ma che osservazioni anacronistiche e superficiali fai?! Questo femminismo stereotipato da quattro soldi non è proprio da te! Neanche mia madre ormai farebbe più un discorso del genere, siamo nel 2000, di cosa stiamo parlando? Sei una persona preparata e capace, hai un forte senso del dovere e sei perfettamente in grado di farti carico di responsabilità che esulano dalle tue mansioni, anche in situazioni di stress. Per me queste sono le caratteristiche del perfetto manager, nessuno merita questa promozione più di te! Adesso però devo davvero scappare…altrimenti per arrivare in aeroporto in tempo sarò costretta a rubare una delle nostre macchine!”.
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Sogno una vita come questa da quando ero bambina. Ricordo ancora quella volta in cui mio padre tornò a casa dal Giappone con una valigia piena di pezzi di un mondo che la maggior parte delle persone poteva a malapena immaginare. Avevo quattro anni, quella volta rimase via più di un mese. Ma nei ricordi che ho di quando ero bambina il senso di potere e di meraviglia suscitato da quel viaggio è sempre stato più forte di qualunque possibile sensazione di abbandono provocata dall’assenza, seppure temporanea, di un genitore. Il viaggio è ricchezza, è emozione, è un’espansione di noi stessi che arriva fino ad abbracciare il mondo, i suoi abitanti e le loro abitudini. Il viaggio è noi, in un’altra vita. In quelle scatoline colorate e luminose con i volti dei personaggi Disney e dei Manga per me c’erano altre esistenze, come la mia ma in un altro posto, in un altro modo. E già allora sentivo che avrei dato qualunque cosa per poter vedere da vicino, “dal vero”, come venivano presentate e utilizzate quelle cose nel loro paese di origine, come erano le case in cui venivano tenute, come si comportavano le persone che le acquistavano, come vivevano, cosa mangiavano…e una serie infinita di domande più o meno pertinenti su tutto e tutti.
E per fortuna ce l’ho fatta! Solamente con le mie forze, pur essendo cresciuta in un mondo improntato al maschilismo e al nepotismo. Grazie alla mia laurea in Lingue, alla mia brillante tesi in Marketing Internazionale, agli anni in cui ho faticosamente alternato lo studio e la preparazione degli esami con l’esperienza diretta all’interno dell’ufficio Comunicazione di questa prestigiosissima azienda conosciuta a livello mondiale, sono riuscita a farmi assumere e ad arrivare a dirigere, in appena una decina d’anni uno dei settori più importanti della politica commerciale dell’organizzazione: il settore Comunicazione e Pubbliche Relazioni. Del resto si sa, oltre ad avere spiccate doti di organizzazione e precisione, le donne sono abili comunicatrici. E non nascondo che probabilmente anche la mia immagine curata – sebbene non ai livelli di Mei Coscialunga, la modella asiatica di cui sopra, e di tutte le sue colleghe che sono costretta a sopportare ad ogni evento – deve in qualche modo aver giocato a mio favore.
E adesso che sono arrivata fin qui, a soli trentasei anni, arriva il bello!
NON E’ TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA
Alle 6:45 suona la sveglia e sono pronta ad iniziare una nuova giornata…non prima di aver portato a termine una serie di operazioni banalissime ma fondamentali che, ogni giorno, mi consentono di mantenere il delicatissimo equilibrio che sono riuscita a stabilire tra l’Università e il lavoro.
Innanzitutto, con mio grande disappunto, il risveglio ha luogo a casa dei miei – che per inciso non si trova a Parigi e nemmeno in Francia, bensì in Italia, nella bassa modenese – mentre la Mimi è intenta a impastare la coperta esattamente sulla mia pancia. Non ho nessun tailleur pantalone di Dior pronto nell’armadio, ma devo ammettere che il fatto di indossare una divisa per andare al lavoro mi aiuta a snellire notevolmente la routine della preparazione mattutina. Non ho nessun volo da prendere, nessuna assistente che mi aspetta in ufficio dove, al contrario, tutti quelli che incontrerò, compresi i sorveglianti, potrebbero essere considerati miei superiori. E, a conferma del fatto che il lavoro di Responsabile della Comunicazione esiste solo nei miei sogni, passando davanti alla finestra per andare in bagno scorgo la mia Fiat Uno del 1990 che mi attende fiduciosa – e probabilmente congelata – davanti a casa. Con un po’ di fortuna e con l’aiuto di qualche passante forse riuscirò a metterla in moto anche stamattina. Il fatto che l’episodio si stesse svolgendo oggi, nel 2001, e che io avessi già trentasei anni avrebbe dovuto farmi capire che quella situazione fichissima non era altro che un sogno. Oltre al fatto di essere in una delle città più incredibili del mondo anziché in questo paesello sperduto di una provincia del Nord Italia. Tra l’altro non mi chiamo Claire, ma Martina.
Giorgio Donato (proprietario verificato)
“Se riesci a conseguire la Laurea, mi ripete sempre mio padre, anche se è cosa ben nota a tutti, una volta che sarai entrata nel mondo del lavoro e avrai un po’ di esperienza, per una persona intelligente e capace come te sarà tutta una discesa!”
Questo brano simboleggia, amaramente, uno spaccato della vita di inizio millennio. Una vita ancora non “smart”, in cui i giovani si districano tra il lavoro e lo studio di giorno, locali e amici la notte, nella perenne attesa di quella discesa che sembra sempre dietro l’angolo.
In questo libro dal linguaggio gradevole, semplice e brillante sono racchiuse grandi verità e anche uno spaccato psicologico del mondo del lavoro, delle sue logiche e dei suoi eterni difetti.
Martina rappresenta in fondo le speranze e le disillusioni di molti giovani, cresciuti tra sogni e tradimenti.
Una lettura scorrevole per un racconto che si legge tutto d’un sorso