Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Un Anno in Paradiso

740x420 - 2024-11-04T162933.516
100%
200 copie
completato
10%
45 copie
al prossimo obiettivo
Svuota
Quantità
Consegna prevista Agosto 2025
Bozze disponibili

Quando si muore ci si ritrova in una bella isola. Clima splendido, persone interessanti, ci si trova proprio bene: è così per tutti, senza alcuna distinzione; non si viene puniti o premiati per le colpe o i meriti della vita trascorsa. Sull’isola ti viene dato modo di vivere realizzando totalmente il desiderio più grande che hai avuto in vita. C’è spazio, però per una sola aspirazione. Tutti si trovano sull’isola in primavera, contenti, felici perché ognuno riesce finalmente a fare ciò che più desidera. Le stagioni passano e per alcuni aumenta il piacere di realizzare le proprie aspirazioni, per altri invece subentra la pesantezza del vivere. Per alcuni è l’Isola del Paradiso, per altri una sofferenza. Così, in inverno, avviene la fuga in massa di molti che non sopportano più la vita che solo pochi mesi prima avevano trovato ideale. In un anno il tuo desiderio si tramuta in felicità o in disperazione, in paradiso o in inferno e la scelta l’hai fatta tu stesso. Uguale ogni anno.

Perché ho scritto questo libro?

Cosa succederà dopo la morte? Domanda alla quale non è semplice dare risposta se non con un credo religioso. Per anni ho viaggiato in molte parti del mondo, ho avuto molto tempo per pensare ed ho iniziato a fantasticare sulla domanda di partenza. E’ quindi emersa la fantasia di un’isola alla quale ognuno approderà una volta lasciata la vita terrena. Su quell’isola ci saranno persone di ogni tipo e provenienza, ognuna con un desiderio da realizzare, che magari sulla terra era rimasto inespresso.

ANTEPRIMA NON EDITATA

L’ULTIMO ISTANTE

La stanza n°33 si trova in fondo al corridoio del quarto piano del St. Andrew Hospital. All’interno, nel silenzio, regna grande ordine. Nell’unico letto della stanza è sdraiato il corpo di un giovane uomo; sebbene stremato dalla malattia è di bell’aspetto, dal fisico atletico. Nella sua immobilità completa l’unico legame che gli resta con la vita è il pensiero.

“La gola è secca, non riesco più a deglutire. Anche tossire è faticoso, non ce la faccio più. Forse c’è la luce, deve essere mattino. La campana di St. James ha già suonato le dieci, o le undici.” Entra l’infermiera, oggi è il turno di Liza; Raymond si accorge della sua presenza e sente le sue mani su di sé. “Mi solleva il tronco. Cosa fa? La sento immobile su di me, e poi non parla e io ormai non vedo. Sta parlando con la mamma, ma sussurra, non capisco.” Raymond sente la voce della mamma: “Raymond, mi senti? Vuoi un po’ di acqua?” Raymond riesce ancora ad annuire con le sopracciglia. “Ah, bene, mi bagna le labbra con una garza, ma l’acqua non la sento, questo tubo che mi entra dal naso mi toglie ogni sensibilità. Resto fermo, respiro e basta. Così non sento dolore, ma, se solo muovo qualcosa, è male dappertutto. Da giorni non sento le gambe e da un po’ neanche le braccia. Da ieri non vedo più niente. Sento le voci, i rumori di questa stanza dove sono sdraiato da due mesi. La mamma, la sua voce, mia sorella Susanna.”

Continua a leggere

Continua a leggere

“Lo so, sto morendo, lo capisco e questo è incredibile. Ho il cancro, non riuscirò a guarire, sto solo morendo. E’ vero, quei farmaci nuovi ti tolgono il dolore ma non diventi scemo, resti lucido fino all’ultimo. Ma quando sarà l’ultimo momento? Cosa succederà? Non mancherà tanto: oggi? Domani? Adesso?”

La mamma si avvicina e sussurra: “Raymond, tesoro, vuoi dormire?”

“Mamma, non lo so…….non lo so. Povera vecchia, non ti lascio un bel ricordo. Eri felice quando vedevi il tuo Ray all’Hotspur Stadium. Raymond Proud, il mediano del Tottenham Hotspurs! Dal campo ti vedevo bene con quel tuo completo blu con Susy al tuo fianco. Due anni, due anni indimenticabili: soldi, l’affetto dei tifosi, ero conosciuto, firmavo autografi, conoscevo ragazze. E l’intervista con Dave Mc Auley del Daily Mirror? Eri emozionata come una bambina la notte di Natale.Gli hai raccontato tutto quello che il tuo Ray faceva da piccolo: le partite nei campi tra le case, la scuola… . Poi l’incidente, il ginocchio destro, il mio ginocchio destro! Un anno tra ospedale, operazioni, rieducazione, speranze, ed in ultimo la dura verità: anche senza il football si può vivere lo stesso.” Raymond si agita, la mamma se ne accorge e lo accarezza sulle guance. “Essere agente di vendita di auto di lusso non è un brutto mestiere, Wilson mi ha sempre pagato bene: ogni auto venduta ti facevo un bel regalo anche a te. Si, poi mi divertivo con gli amici al pub. No, le birre non c’entrano, sono le sigarette che mi hanno fregato. Il cancro ai polmoni, a 36 anni! No, perchè a me? Proprio a me?”

Entra Susy; fissa Raymond con il viso sgomento, poi guarda la mamma che singhiozzando le sussurra:

    “Dorme, si è appena addormentato”. Susy si avvicina, accarezza la fronte di Ray e scoppia a piangere. “Respira male. Mamma, senti come fatica a respirare?” Ray se ne rende conto ma vorrebbe dire a Susy: “E’ come se non fossi io a respirare, non controllo più quello che faccio.”

Ad un tratto Raymond si scuote, inarca la schiena, spalanca gli occhi vitrei e socchiude la bocca.

“Ahi, la schiena, che dolore, cos’è?” “Raymond, Ray, cos’hai?” “E’ come un pugno alla schiena, mi stringe.” ” Ray, oh Ray…”. “Non posso piegarmi di più. La schiena, è come una gomitata…mi scoppia il petto. “Tesoro, Raymond, sono la mamma,…la mamma”. “Il petto è di gesso, soffoco, …l’acqua,….la mano…..Susy……mamma…….mamma.”

La mamma da una parte e Susy dall’altra tengono le mani di Ray che non ha più la forza di gridare il suo dolore e non riesce a dire che sta per morire. Senza un gemito Ray si accascia su un fianco con il viso riverso sul braccio di sua madre.

“Mamma, è morto, non respira più,…..è morto…….Ray!”    “Raymond, tesoro,……no, Raymond,…….rispondi!” “Mamma, è finita, è finita”.

L’infermiera entra trafelata per rispondere alla chiamata e vede le due donne che piangono mentre accarezzano il viso di Raymond che si è spento con una smorfia sul volto.

PRIMAVERA

RAYMOND

“Ancora mi sembra di sentire la mamma che piange. Susy dov’è? Ma ora non ci sono più, o forse non sono più qui. Quanto tempo è passato? Ma io sto camminando, è incredibile! Sto bene, ma dove sono? In questo posto ci sono già stato, ma come si chiama?” Ray alza lo sguardo e osserva le case: sono di mattoni, a due piani. “Questo incrocio è come a Edmonton. No, però sono già stato qui prima d’ora.” Incredulo, Raymond batte le mani, si strofina il viso e si incammina lungo il marciapiede. “Che bella giornata, è primavera, che forza il sole in faccia! “In fondo al viale Raymond vede ciò che cercava: un pub. Senza indugio entra. All’interno, dietro il più classico dei banconi, un oste corpulento dalla folta barba rossa gli sorride: “Ray, che sorpresa!” Deve essere il padrone del pub. Lui e il suo socio rifilano a Ray una decina di pacche sulle spalle. “Prendi una pinta della tua Ale preferita! Alla tua salute Ray!” Una voce femminile interrompe la bicchierata: “Fammi un autografo Ray, per favore.” Raymond guarda la ragazza e pensa:” Altro che autografo farei a questa!” “Anche a me Ray, anche a me!” Una dozzina di persone sono attorno a Raymond, sorridono, parlano, si congratulano. Lo sbalordito Raymond firma autografi, bacia ragazze. Hanno persino smesso di diffondere musica. “Dai Ray, dicci, farai ancora tre gol ai Gunners sabato?” “Ma cosa dice questa gente? Io, Raymond Proud, non ho mai segnato tre gol all’Arsenal. Anzi, adesso che ci penso non ho mai segnato tre gol in una partita, al massimo due al Cristal Palace in Coppa.” “Ray, ci sarai in Nazionale per i mondiali?” “Per i mondiali? Ma è incredibile, questa gente mi adora, mi vuole in Nazionale.” Raymond è sconvolto, non capisce, scrollando la testa finisce la birra ed esce dal pub salutando e inviando baci alle ragazze. Tre o quattro escono assieme a lui e lo seguono. “Ray, vai ad allenarti?” “Usi ancora le scarpe che mettevi in TV nello spot?” Anche se non ha mai fatto pubblicità Ray sorride e risponde di sì. Altre persone si fermano per vedere meglio, i bambini attraversano la strada e chiedono l’autografo. “Ray, firma il mio pallone”. “Grazie Ray, sei un vero Hotspur!” Raymond felice ma sorpreso allunga il passo.

“Deve essere un sogno! Non riesco a fare un passo e tutti mi riconoscono, si congratulano, mi incitano, mi ringraziano per le mie partite. E’ come ai vecchi tempi, ma no, che dico, è molto meglio! Non credevo di essere così amato dal mio pubblico, sono veramente pazzi per me. Ora fermo un taxi, così mi stacco un po’ dalla folla.” Raymond alza il braccio per fermare un taxi libero. L’auto accosta ed il taxista non lascia neppure che Raymond apra bocca: “Ray, dove ti porto io ti piacerà di sicuro!” Raymond guarda il taxista, sale sull’auto e si siede. “Anche il taxista mi conosce?! Ma dove mi ha visto? Avrà vent’anni, quando io giocavo lui era un bambino.” Raymond si allunga sul sedile posteriore e scorge il viso del taxista che di tanto in tanto gli sorride nello specchietto retrovisore. Ray guarda con interesse fuori dal finestrino. Il taxi esce dalla città e si inerpica su una strada ripida e ombreggiata.

“Mi godo il paesaggio. Il mare! Da qui, sulla collina, si vede bene: c’è mare da due parti. Sono su un’isola, o almeno su un lembo di terra molto stretto.” “Senti Ray – l’autista si gira – ti apro il vetro, così senti meglio!” E’ la radio che trasmette un’intervista con Ray dopo la partita contro il Paris Saint Germain. I due ascoltano l’intervista commentando con fischi e approvazioni. Finita la trasmissione, Raymond torna a guardare il panorama dal finestrino.

“Che bel posto, è tutto in fiore! Ma dove accidenti sono? Giuro che mi sembra di essere già stato qui prima di oggi. Comunque sono contento, questa gente è fantastica, mi conoscono tutti, sento gli sguardi su di me, lo sognavo fin da bambino: essere al centro dello stadio, tutti ti ammirano, ti incitano, ti applaudono, attendono da te qualcosa. Poi, fuori dallo stadio la gente vede, ti riconosce, ti ferma, chiede autografi. Qui tutto è così, tutto come avevo sempre voluto che fosse. Che paradiso! E poi il clima, questo bel sole di primavera mi riempie di gioia di vivere!”

Il taxi è giunto su una specie di altopiano, in fondo alla strada si scorge un villaggio rustico fatto di case ad un piano, curate, dipinte con colori pastello. L’autista si ferma davanti ad un locale dalla scritta “Country Inn”, apre la portiera ed invita Ray a scendere. Dal locale escono un uomo ed una donna, pagano l’autista, salutano calorosamente Ray e lo conducono all’interno del Country Inn tutto illuminato ed addobbato per il Party serale.

WUAY-YONG

Un giovane uomo orientale si ferma all’edicola del centro città, a fianco ai Grandi Magazzini, e compra una copia del Wall Street Journal. L’uomo si incammina verso la piazza leggendo. “Oggi dovrebbe uscire l’articolo sulle nuove società quotate alla borsa di Tokio e Londra. Ecco, vediamo,….ah, si, c’è anche la Waterson Mining Company. E’ un’azienda piccola, ma io so che è solo un contenitore, dovrà gestire tutte le attività minerarie delle provincie orientali della Siberia. E’ l’affare del secolo, una superficie immensa con un sottosuolo ricco di ogni bene: carbone, petrolio, ferro, gas, minerali. La Russia deve concedere lo sfruttamento di queste aree per poter beneficiare dei fondi promessi dal G9. Ho comprato azioni della Waterson Mining Co. per 100.000 dollari. Mi frutteranno una fortuna: 10, 30, 100, 1000 volte tanto nel giro di un anno o due. Lascia solo che i giochi escano allo scoperto e queste azioni saranno richieste in tutto il mondo.”

Wuay-Yong, questo è il suo nome, scorre ancora qualche riga delle pagine interne, poi richiude il giornale e si incammina pensando ancora all’affare d’oro della Waterson. “Che soffiata! Solo Kevin, operando ad Hong Kong, poteva saperlo. Kevin è un amico fidato, non è più solo il mio procuratore legale e finanziario: mai che abbia preteso più della commissione pattuita. Tramite Kevin ed il suo ufficio ad Hong Kong compro e vendo azioni, obbligazioni e titoli di ogni genere in ogni parte del mondo, gestisco a mio piacimento un patrimonio di tutto riguardo e mi arricchisco ogni giorno di più.” Wuay si ferma di colpo, guarda l’orologio, si ricorda che giorno è ed il suo umore cambia. “Ma, a proposito, è già da un po’ di tempo che non ricevo il rendiconto della mia situazione patrimoniale. Non che sia preoccupato, no, anzi….. . Però vorrei sapere se con la vendita delle azioni della Simpson & Brothers ho guadagnato, al netto, più del 13% pattuito con il mediatore di Londra e se, scambiando alla pari 3000 azioni della Terhofen con 2000 della Ayace Textiles, sono riuscito a beneficiare dell’esenzione dalla tassa di acquisto di titoli esteri sul mercato di Francoforte: sarebbero (ad occhio) non meno di 5000 dollari.” Wuay entra nel bar più lussuoso del centro, si siede, ordina thè con pasticcini e pensa ancora alle azioni della Ayace Textiles.

“Cinquemila dollari….. . Averne avuti anche solo 100 a Myebon quando ero un ragazzo e non riuscivo a pescare tanto da sfamarmi! Eppure dovevo campare pescando, quindi il pesce dovevo pure venderlo. Che vita, ogni giorno si perpetuava la fatica iniziata il giorno precedente e la si trasportava intatta verso l’indomani: stessa barca, stesso golfo, stesso pesce. Una volta a terra, ogni giorno lo stesso bieco lavoro di compravendita a prezzi da strozzinaggio. E poi di corsa a pulire le reti e preparare tutto per la pesca dell’indomani. Mai tempo per mangiare quando avevo fame o riposare quando avevo sonno; si doveva sfruttare ogni minimo sforzo per pescare un pesce in più in quello stramaledetto mare.”

Il viso dell’uomo si fa teso nel ricordare, ma non è commozione, è un misto tra rabbia e soddisfazione. “Poi, la scoperta che mi ha illuminato: la barca non trasporta solo pesci che attendono agonizzanti il loro destino sulla via dei ristoranti. Sistemare un carico di droga sulla mia lancia non era poi così difficile. Al largo, mentre peschi o, per un giorno fingi di farlo, molli in acqua un galleggiante, due, tre…… . Verso il mattino ritiri le reti e restano solo i galleggianti. Era fondamentale che la barca che prelevava i galleggianti ed io non ci incontrassimo mai: in caso di arresto o di cattura da parte dei clan rivali non avremmo mai saputo dire nulla del complice. Due anni, 71 carichi e Wuay Yong ha salutato la stramaledetta Myebon, sudicio porto sul 20° parallelo, nel quale mi trovavo solo perchè mia madre lì mi ha partorito e abbandonato. Come autista di Ling-To ho imparato tutto quello che ignoravo. Non dicevo mai nulla, guidavo, attendevo che Ling-To uscisse dalle ville dove si incontrava con i suoi soci d’affari. E poi ascoltavo, sorridevo, accettavo le mance con un inchino. Dai discorsi di Ling-To ho capito come funzionavano tanti giri di denaro, cos’era il traffico di soldi illecito e lecito: il primo finanzia il secondo, il secondo pulisce il primo. Ho imparato cosa fosse la Borsa. Senza fatica, senza sforzo, Ling-To guadagnava ogni giorno decine di migliaia di dollari, solo perchè giocava con la Borsa. Ogni giorno lo ascoltavo discutere, parlare di rendite; non aveva mai perdite, accumulava sempre denaro. Io non potevo nemmeno pensare di entrare in quel giro, di acquistare qualcosa in Borsa, era un mondo a me escluso. L’unica volta che chiesi a Ling-To se mi permetteva di investire 100 sudati dollari, tutti i miei risparmi, in titoli, scoppiò a ridere e mi diede 10 dollari di mancia facendomi promettere di non chiederlo mai più.”

Wuay si distende, sorseggia il thè e ricorda la sua scaltrezza. “Io ormai sapevo tutto sulla Borsa, avevo ascoltato tutti i discorsi di affari di Ling-To e dei suoi amici influenti, sapevo esattamente quali titoli acquistare e quando, in quali mercati e perchè. Ogni giorno, ogni notte, in ogni momento, sognavo ad occhi aperti di poter ottenere il diritto di essere accreditato da una Banca presso un procuratore o addirittura un agente di Borsa. Occorrevano almeno 1000 dollari ma non importava, dovevo riuscirci! Non spendevo più un soldo: niente sigarette, niente donne, neppure per una notte. Mangiavo avanzi dei ristoranti o le teste dei pesci scartate dalla Mikutay Canning Company: sì, i pesci li mettono in scatola senza la testa, me lo ricordavo bene. Sarà stato anche per questo che mi sono ammalato. Ero sempre più magro, ma quasi ricco! Quando la mia tosse cominciò a diventare troppo insistente Ling-To non mi volle più come autista, temeva che gli attaccassi chissà quale malattia. Mi licenziò da gran signore, con 200 dollari per zittirmi. Proprio quello che mi serviva! Il tempo di farmi passare quella dannata febbre e non avrei avuto più alcun ostacolo tra me e la ricchezza, il guadagno facile e garantito, senza più versare una goccia di sudore, mai più! Invece sudavo eccome, ero bagnato, la febbre non si placava ed i brividi diventavano sempre più incontrollabili. Restavo nella mia casa sul fiume, non volevo vedere nessuno, solo Yoon-Li veniva a trovarmi e a ripetermi di andare all’ospedale. Al Diavolo! Andare all’ospedale voleva dire solamente consumare tutti i miei dollari, tutto ciò che possedevo, il frutto di 31 anni di sacrifici, tutta la mia vita! Non mi sono più svegliato, la polmonite virale mi ha sopraffatto nel sonno.”

Wuay si alza, lascia la mancia al cameriere ed esce dal bar, quasi per smettere di pensare alla sua morte. “Ora però non voglio più pensare a ciò che non ho potuto realizzare allora. Oggi sono ricco, ho dimostrato che in affari me ne intendo come chi ha studiato o ha tanti soldi e la Borsa non ha più segreti per me. Quello che avevo sempre sognato è diventato realtà: sono ricco e lo sarò sempre di più. Quest’isola è veramente il posto dove ho realizzato quello che volevo, a cui ho sempre aspirato.”

Il magro uomo respira a pieni polmoni, sorride e volge il viso verso il cielo stirandosi al sole, poi si ricorda di avere degli impegni: “Vorrei telefonare a Kevin per sollecitare il rendiconto che attendo ormai da troppi giorni. No, è una bella giornata di primavera, vado a piedi fino al suo ufficio in città. Il sole mi bacia in fronte come la fortuna, nessuno potrà mai essere più felice di me.”

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Un Anno in Paradiso”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Feu Minzoni
Sono nato nel 1957 e sposato dal 1984, padre di due figli e nonno di due nipotine. Sono laureato in Chimica ed ho un Dottorato di Ricerca in Scienze dell’Ambiente. Abito a Salsomaggiore Terme ma ho anche vissuto in Francia e Germania. Ho lavorato per 37 anni per una grande industria alimentare e questo mi ha permesso di viaggiare molto all’estero. Vivere e lavorare in tanti paesi diversi mi ha insegnato la disciplina ed il piacere di apprendere come vivono e come pensano le persone distanti dal mio ambiente abituale. Recentemente ho terminato la mia carriera lavorativa, mi dedico al volontariato e a lunghe camminate con amici. Mi piace la vita all’aria aperta e vivere le stagioni. Amo anche viaggiare per continuare a conoscere posti e culture diverse dalla mia. Mi piace cucinare per la famiglia e per gli amici.
Feu Minzoni on Facebook
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors