Riflettei ancora. Ma non era per questo che avevo accettato di vederlo. La mia era solo curiosità, tentai di rassicurarmi. Chi non ne avrebbe avuta al mio posto? E allora per quale motivo il cuore mi batteva all’impazzata mentre lo aspettavo?
Pensa a Luca, Vittoria: Luca non se lo merita. Però è anche vero che non sto facendo nulla di male, questa è solo una cosa mia. Luca non c’entra, non c’entra nulla. Si tratta solo di me. Sta ritardando, non viene. Sicuro non viene.
Che deficiente! Dovevo immaginare che non sarebbe venuto.
Cosa mi sarei dovuta aspettare da Michele?
Mentre mi ripetevo questa frase, intravidi la sua sagoma in lontananza.
Era sempre magro, forse più del solito, sembrava quasi più alto e già da lontano potevo vedere il suo sorriso, quello di cui mi ero innamorata da ragazzina. Lui questo non lo sapeva, non lo aveva mai saputo. Mentre si avvicinava, quella che era solo una sagoma divenne una figura più definita. Sembrava avere le spalle più larghe… Sì, aveva decisamente le spalle più larghe. I capelli invece erano sempre gli stessi, gli scendevano disordinati appena sopra le sopracciglia scure come i suoi occhi. Scesi dall’auto e piombai nell’imbarazzo più totale. Lo guardai dritto negli occhi.
«Hai visto? Dopo tutto questo tempo ti faccio ancora aspettare!»
Che faccia da schiaffi, ha sempre la solita faccia da schiaffi, pensai tra me e me.
«Se avessi tardato ancora, non mi avresti trovata» risposi con decisione.
«Ho fatto giusto in tempo, allora.» Sorrise, dandomi una pacca amichevole sulla spalla.
E ride, guarda questo stronzo che ride.
Ci avviammo verso il bar.
«Quindi ti ho fatta arrabbiare?»
«Sì, Michele…»
«Non ho cominciato molto bene.»
«Direi di no, ma cosa mi potevo aspettare da te?»
«Perché dici così?»
«Perché sei sempre stato uno stronzo!»
«A dire la verità, tu non hai mai capito nulla di me.»
«Può essere!» gli dissi un po’ divertita.
«Ma non parliamo più del passato, quello insieme, intendo… Parliamo invece di quello che abbiamo fatto negli anni in cui non ci siamo più visti…»
Mentre chiacchieravamo, eravamo arrivati davanti al bar. Entrammo.
«Due caf…» feci per dire.
«Due Spritz, grazie!» mi interruppe lui.
«Ma non dovevamo prenderci un caffè?»
«Be’, sono appena diventati due Spritz.»
«E Spritz siano!» gli sussurrai sorridendo.
Michele aveva sempre la risposta giusta al momento giusto. Ordinammo i due cocktail e ci andammo a sedere con in mano i nostri bicchieri ghiacciati.
Parlammo di tutti gli anni trascorsi senza parlarci. Ci raccontammo le nostre rispettive vite, parlammo del più e del meno come se quel tempo non fosse trascorso. Michele ogni tanto cercava il contatto e mi sorrideva in modo ammiccante. Era sicuro di sé, spavaldo.
Mi raccontò del grave infortunio che gli aveva impedito di diventare un nuotatore professionista e di come avesse deciso di intraprendere poi la carriera di istruttore di nuoto. La nascita della piccola Giulia e infine la crisi del suo matrimonio. Sembravamo gli stessi ragazzini che erano diventati amici sulla strada per andare al centro polisportivo dove entrambi praticavamo nuoto.
«Facciamo un altro giro?»
«No, magari un’altra volta!» risposi decisa. Poi presi sigarette, accendino e li misi in borsa. Impiegai almeno mezzo minuto per rendermi conto di avergli lasciato intuire che avevo voglia di rivederlo.
Pieno di sé, mi guardò e mi disse: «Te ne stai già andando?».
«Sì, è tardi.»
«Posso almeno accompagnarti alla macchina?» disse, mentre si alzava anche lui di scatto dalla sedia.
«Certo!»
La mia Cinquecento sembrava distante anni luce dal bar. Quando finalmente arrivammo al parcheggio, provai a togliermi dall’imbarazzo con un “Ciao” sputato a denti stretti mentre rovistavo le tasche in cerca delle chiavi.
«Ah… così?»
«Così come?»
«Mi saluti così?»
«Come dovrei salutarti, scusa?»
Mentre rispondevo così stizzosa, mi stavo già fiondando verso di lui per baciarlo sulla guancia, e Michele provò a darmi un bacio vero. Lo scansai, rivolgendogli un “No” neanche troppo convincente e lui mi abbracciò per qualche secondo. Mentre stavo stretta tra le sue braccia, riconobbi quel profumo che un tempo era così familiare. Avevo il cuore a mille e quei secondi mi sembrarono interminabili. Mi staccai in preda al panico, rifugiandomi nell’abitacolo dell’auto. Guardai il telefono e lessi il messaggio di Luca: era fuori con alcuni colleghi a prendere un aperitivo e mi chiedeva se volessi raggiungerlo. Lessi senza visualizzare.
Ci vado o no? pensai. Avevo paura mi si leggesse in faccia che i miei sentimenti per Michele stavano riaffiorando.
Decisi comunque di raggiungere Luca, ma mentre guidavo non riuscivo a smettere di pensare a quello che era appena successo.
Arrivata al bar, salutai gli altri distrattamente e baciai Luca sulle labbra. Mi sedetti di fianco a lui e ordinai uno Spritz. Sì, un altro. Mentre tutti parlavano di Dungeons & Dragons e dell’ultimo stupido gioco uscito per la Playstation, io continuavo a pensare a quell’abbraccio con Michele e a quel bacio mancato. Luca era così preso da quei discorsi inutili che non si era nemmeno accorto che io ero assente. C’ero fisicamente, ero lì seduta accanto a lui al solito bar di sempre, ma la mia mente era altrove. Lui era troppo distratto e troppo sicuro del nostro rapporto per accorgersi che mi stavo allontanando. E probabilmente fu in quel momento che decisi, neanche troppo inconsapevolmente, che tra me e Michele sarebbe accaduto qualcosa. Avete mai sentito parlare della profezia che si auto avvera? Se pensi intensamente e credi che qualcosa accadrà, finirai per farlo succedere. Credo che a me sia andata proprio così.
Barbara Pucci Privato
Un libro bellissimo, totalmente immersivo ed avvincente.
La storia di Vittoria riesce perfettamente a descrivere da un lato il dolore e la disperazione della ragazza e dall’altro la voglia di risalita e l’effettiva rinascita della stessa.
Le parole del libro sono intrise di emozioni nella quale l’autrice accompagna il lettore passo dopo passo congiuntamente alla sua risalita.
Consiglio fortemente questo libro lettore
Grazie Francesca, farai molta strada!
Marialaura Cervellati (proprietario verificato)
Un’altra Vittoria è un romanzo che parla d’amore, quello verso se stessi, di cui, seppure innato, talvolta ci dimentichiamo.
La vita di Vittoria trascorre nella routine, tra il lavoro in casa editrice e i momenti con il compagno, finché la giovane non ritrova Michele, il suo primo amore adolescenziale. Tutto cambia: la famiglia, le amicizie, il lavoro, perfino la città di Pisa diventano un ostacolo che la allontana apparentemente dalla felicità.
L’autrice, con uno stile delicato e scorrevole, ci accompagna in uno spaccato di vita di una giovane donna che, nel presente, combatte per ritrovare se stessa e, al contempo, ricorda un amore idealizzato e quasi mistificato. Un viaggio in cui ci si può identificare, in cui si empatizza con la protagonista, che si mette a nudo, rivelando la sua fragilità, che è anche la sua forza, rendendola vincente, un’altra Vittoria.
Brava Francesca!
Sofia Asero (proprietario verificato)
Sin dall’inizio il lettore entra in empatia con la protagonista, catapultato nella sua storia ma soprattutto nel vortice della sua emotività.
Affascinante e vincente la scelta dell’autrice di alternare il raccolto ad una profonda introspezione psicologica.
Un libro in cui non ci sono solo rabbia, tormento e passione, ma anche speranza e voglia di rivalsa.
Lo farei leggere alla “me” di qualche anno fa, per farle aprire gli occhi sulle relazioni tossiche e per esortarla a prendersi cura di sé.
Un libro che ci ricorda quale sia l’Amore che ci meritiamo.
Grazie Francesca!