In una fredda mattina di metà novembre, caratterizzata dal clima uggioso e umido tipico del nord Italia, le nuvole plumbee nel cielo si mescolavano fra di loro, armonizzandosi con i grandi edifici in stile neoclassico che si stagliavano maestosi all’orizzonte. Piazza Cordusio, così riportava la grande targa di marmo cinereo affissa sul palazzo delle assicurazioni Generali, nel cuore di Milano. Volgendo lo sguardo verso sinistra, l’imponente sagoma appuntita del Duomo, le cui guglie, talmente numerose e aguzze, sembravano bucare le nuvole. Dalla parte opposta la Torre del Filarete, uno dei simboli del glorioso passato medioevale della metropoli: dall’alto dei suoi settanta metri, si elevava massiccia e, facendo sfoggio di due lancette bronzee infiorettate da un sole raggiante, annunciava che erano quasi le sette e cinquantacinque, l’ora di punta.
La piazza pullulava di tram in corsa, rumori di clacson, semafori che cambiavano colore incessantemente. Centinaia di pendolari risalivano le scale, accalcandosi all’uscita della metro M1; il loro caos ordinato era ipnotico. Come tante formiche, che sembravano non finire mai, camminavano celer-mente verso i vari uffici cittadini: chi diretto verso palazzo Mezzanotte, la poco distante sede della Borsa Italiana, chi verso gli istituti di credito più vicini, chi in direzione delle varie assicurazioni; ma tutti con un disegno simile. Tutti facenti parte di un sistema più grande, il più importante d’Italia: il “settore terziario”, che qui trova il suo massimo sviluppo. Tutti accomunati dall’inconfondibile completo nero, giacca e cravatta, ventiquattrore nella mano sinistra e iPhone ultimo modello all’orecchio, nella mano destra.
Alcuni di loro si fermavano al bar per una breve sosta, fa-cendo il pieno di quello che si definisce il combustibile degli impiegati: una tazza di caffè ristretto, preso rigorosamente in piedi, e in meno di trenta secondi.
Perché, si sa, se sei di Milano, e devi affrontare un lunedì mattina, anche pochi istanti possono fare la differenza tra un cartellino timbrato in orario o in ritardo; e poco importa se dopo circa novanta secondi, qualunque destinazione si debba raggiungere, si possa contare su un nuovo vagone che ad ogni fermata metro comparirà puntuale come il freddo e l’umidità in autunno: quei pochi secondi sono fondamentali, e nessuno sembra volerli sprecare.
Lì dove un tempo sorgeva la Curia Ducis, ovvero la Corte dei duchi longobardi, inglobato nell’ambientazione poc’anzi descritta, si trovava lo storico palazzo delle Poste, palazzo Broggi, il quale, da alcuni mesi, era stato rinnovato, divenendo uno dei luoghi più in della colazione milanese: il nuovissimo e lus-suosissimo Starbucks, il più grande d’Europa.
La sua apertura rappresentava uno dei simboli del rilancio e della nuova globalizzazione che, a seguito di Expo 2015, aveva investito la metropoli, rendendola ancora più europea e moderna di quanto non fosse già. Entrando, l’occhio si perdeva in questo immenso spazio, straripante di persone di ogni genere ed estrazione sociale. Vi si potevano osservare turisti di ogni razza in cerca di una “city experience’’, come postare sul proprio social preferito la foto di un caffè ricercato proveniente dall’altra faccia del pianeta, magari per stupire le proprie amicizie virtuali; studenti, impiegati, dirigenti d’azienda, ma anche anziani che non sapevano come impiegare il tempo, e possedevano perciò ritmi più rilassati.
A un tavolino singolo, nella parte più cool del locale, l’alto soppalco dominante la sala, era seduto Lorenzo. Come imposto dalla sua routine mattiniera, era intento a leggere le quotazioni in borsa sul suo palmare, quando la voce di una donna lo interruppe: «Ecco a lei, un Hawaii Ka’U, e una fetta di torta al cioccolato: sono quarantacinque euro».
Senza battere ciglio, Lorenzo tirò fuori una banconota da cinquanta e la porse alla cameriera.
«Resto mancia» le disse poi, troppo preso dai titoli azionari per alzare il capo.
«Grazie, signore» replicò lei, in maniera altrettanto impersonale.
Lorenzo tralasciò la lettura quotidiana degli andamenti del mercato e cominciò a sorseggiare la sua miscela di caffè raro: un lusso per pochi, che lui tuttavia si concedeva ogni giorno, prima di andare al lavoro. Mentre beveva, ogni tanto si fermava a contemplare i lunghi e articolati condotti di plastica trasparente che, come piccole tangenziali sopraelevate, s’incrociavano sul soffitto, sovrastando l’intero locale. Al loro interno scorrevano le centinaia di varietà di caffè che, macinate e tostate al momento, fluivano direttamente nelle tazzine degli avventori.
Quella mattina non aveva particolarmente fretta: il privilegio di chi è ai vertici, e che non ha un capo a cui rendere conto, se non se stesso.
Simone Callegari (proprietario verificato)
Una storia di forti emozioni, su chi siamo e chi vorremmo essere, e in cui è facile identificarsi, grazie a una narrazione che segue i personaggi con sguardo penetrante e disilluso ma allo stesso tempo pieno di comprensione e umanità.
Coprotagonista è una Milano raccontata nelle sue contraddizioni, che riflettono quelle dei personaggi stessi: l’eleganza di grattacieli e palazzi d’epoca è un ironico palcoscenico per l’insoddisfazione e i segreti che muovono la trama.
Finale inaspettato e coinvolgente.
Cinzia Angeli (proprietario verificato)
Ho trovato la narrazione molto immediata, giocata sulla capacità di suscitare emozioni. Appassiona il lettore fin dalle prime pagine, veicolandone l’attenzione nella descrizione del background di ogni personaggio e dei luoghi che animano la storia, ben descritti senza mai appesantirne la fluidità e il ritmo. A una fase iniziale, dove tutto scorre nella certezza dello status sociale dei personaggi, seguono avvenimenti che sovvertono l’ordine delle cose ed è qui che l’ingegno del giovane scrittore spiazza il lettore e porta a ipotizzare scenari completamente nuovi e imprevedibili. Emblematico e accattivante, pur con una una vena malinconica e drammatica, il personaggio di Cherry. Romanzo consigliato vivamente, non rimarrete delusi.
Giuseppe Donati (proprietario verificato)
sono stato subito attirato dalla presentazione ,e devo dire che ha superato in pieno le mie aspettative, una storia davvero interessante e coinvolgente soprattutto per la descrizione degli stati d’animo dei personaggi vi assicuro fino alle lacrime dall’emozione che e’ stato in grado di suscitare , una storia che si legge tutta d’un fiato per quanto ti coinvolge e ti incuriosisce e per quanto il finale ti sorprenda ancora piu’ di tutta la vicenda consiglio vivamente di leggerlo perche’ sicuramente ti lascia qualcosa dentro e ti trasporta dentro i personaggi che imparerai ad amare come se fossero tuoi amici d’infanzia complimenti ancora all’autore si vede e si tocca la passione che ha non solo nella scrittura del romanzo ma anche riguardo a quei luoghi cosi tanto bene descritti e apprezzati durante la narrazione buona lettura a tutti.
Alessandro Zaccaria
Ti ringrazio tantissimo per il tuo feedback. Per me significa molto il fatto che il lettore si immedesimi in prima persona nell’ambientazione che ho cercato di ricreare, e sono felice di essere riuscito a trasmetterti un’emozione. Voglio ringraziare tutti coloro che stanno preordinando e che stanno “scommettendo” su di me, perché state contribuendo alla realizzazione di un sogno.
Shauna Borracelli (proprietario verificato)
Ho letto questo libro in una serata e non perché fosse corto, ma perché è davvero molto scorrevole e non vedevo l’ora di sapere come andava a finire.
L’autore ha caratterizzato veramente bene i personaggi e io ho subito simpatizzato per Alice, anche se ad un certo punto può sembrare l’antagonista.
Il romanzo è ricco di descrizioni che, però non risultano noiose, né appesantiscono la lettura, ma, anzi sono funzionali al farci calare in questa Milano tanto grande quanto chiusa.
In poche parole lo consiglio vivamente a chiunque si voglia leggere un bel romanzo tra il romantico e il drammatico attraversato da una sottile dose d’ironia.