Amos Bellavia è un ragazzino sensibile e insicuro, che si sente fuori posto nel mondo che lo circonda. Vive un’esistenza in cui le persone non lo comprendono, spingendolo a celare la sua vera natura per paura di venire giudicato. Per questo motivo, trova conforto rifugiandosi nella fantasia, che deriva dai libri che legge, dai disegni che crea e dalle avventure straordinarie che immagina. Un giorno, Amos si risveglia a Utòpia, un mondo onirico abitato dai Curiosi, custodi della creatività e dell’immaginazione umana. Sarà proprio grazie a loro, tra scoperte affascinanti e sfide inaspettate, che Amos troverà il coraggio di affrontare i suoi demoni e di capire quanto i sogni possano cambiare la realtà. Ma a quale mondo deciderà di appartenere davvero?
Prologo
Miei cari cuori aperti alla lettura, giovani o adulti che voi siate o decidiate di essere, benvenuti nel mondo che solo la curiosità e la fantasia può aprire.
Chiudete gli occhi alla realtà, per aprirli verso quella voce del gioco e dell’innocenza.
Tuffatevi in quei pensieri che vi piacerebbe vivere.
Granelli di speranza e fantasia aleggiano da sempre invisibili nei sogni di ognuno di noi, anche se solo i più sensibili ne avvertono il solletico, come un bisbiglio nell’anima.
Io sono questo, miei cari curiosi: una polvere, impalpabile come i sogni, che vi prende per mano, se voi la tendete, e vi presenta la realtà come potrebbe essere.
Perché io mi schiuda a voi, è importante che voi stessi con fiducia vi abbandoniate alle parole: fatele entrare come una corrente d’aria che purifica e rigenera.
Pensate al più profondo dei respiri che potete fare svegliandovi in un limpido paesaggio di montagna, con quell’aria frizzante che accende tutti i vostri sensi e vi fa sorridere di pura gioia. Questo è l’effetto che voglio fare in voi. Una scossa benefica che elettrizza senza far male, che dona senza chiedere e vi accende di curiosità.
“Curiosità”: parola d’ordine per crescere.
Di che parliamo, quindi?
Di persone, bambini, adulti che vivono nel mondo che tutti conosciamo, nel passare dei giorni che ci coinvolge e che lascia poco spazio alla fantasia.
La velocità e il ritmo con cui i personaggi vivono fa pensare ai nostri giorni, colorati di “cose”, vivaci, pieni di possibilità ma con poca fantasia per realizzarle; o forse perché il troppo, ben servito fin sotto gli occhi, ha tolto la voglia di arrangiarsi e attivarsi per realizzare i propri sogni.
Questa storia, volendo, può essere di ogni luogo, di ogni tempo e appartenere a ogni cuore che si lasci prendere senza paura.
Lasciatevi prendere per mano e abbiate fiducia, gente, ci sarà da sognare!
Il nostro punto di arrivo e partenza, per dare un contesto al nostro viaggio, è Rieti, una piccola e fin troppo tranquilla cittadina sull’Appennino del centro Italia.
Si parte, l’avventura comincia.
Curiosi? Io sì, davvero tanto.
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1. Lasciatevi prendere
Il verde incornicia un paesaggio che nei colori autunnali dipinge con la mano di un artista esperto, capace di usare quei toni del rosso e dell’arancio che ti scaldano senza coperte durante i tramonti di ottobre.
La cittadina in sé è piccola e raccolta, i palazzi più antichi si incastellano all’interno di un centro storico che parte dalla piazza, dove le persone si ritrovano per le uscite settimanali del sabato e della domenica.
Molte famiglie, che prima abitavano il centro, hanno dato vita a nuovi quartieri di periferia, con spazi verdi più aperti e assolati, con parchi giochi per bambini e centri commerciali in stile “Compra, che ti passa”.
Sullo sfondo, il punto di riferimento per trovare il nord è il monte Terminillo, di cui si gode una vista davvero incredibile dalla valle, apprezzata dai più romantici quando il cielo di un intenso blu e sgombro da nuvole dimostra la bellezza della natura. Quando in inverno arriva la neve, le vette spiccano come ricoperte da una glassa di zucchero e lo spettacolo è davvero unico.
Proprio ai piedi del Terminillo, si va a concentrare la nostra attenzione.
Se fossimo al cinema, lo zoom andrebbe a stringersi su un primo gruppo di case, raccolte una accanto all’altra, quando il pendio comincia ad addolcirsi e la vegetazione cede il passo al cemento sulla via principale che dal monte porta in città.
Andiamo a sbirciare nella vita di un dolce e timido ragazzino di dieci anni: Amos Bellavia.
Tenero, ma anche irrequieto, quanto lo si può essere in quel momento della vita in cui non sei più un bambino ma di sicuro neanche un adulto.
La statura, poi, non lo aiuta di certo: piuttosto piccolino rispetto alla media dei suoi compagni, è un bersaglio facile dei commenti un po’ aspri da parte del gruppo.
I suoi profondi occhi, di una particolare sfumatura di azzurro, difficilmente riescono a imporsi sugli altri attraverso i riccioli scuri che gli cadono sulla fronte, quasi a volerlo proteggere. Quel blu magnetico, che a volte si sfuma con delle gocce di grigio, si accende con l’andare delle sue emozioni, con un brillare che non tutti riescono a capire.
Se ti punta gli occhi addosso, tutto cambia. La serietà di quello sguardo, che ti tocca direttamente l’anima, fa dimenticare di avere di fronte solo un ragazzino, perché quegli occhi rivelano una maturità sempre più rara nel mondo contemporaneo.
Il suo modo di vivere i sentimenti arriva a una profondità anche eccessiva per la sua età e se questo è un pregio agli occhi di un adulto, di sicuro è un “pollice in giù” per i coetanei.
Tutto ciò che gli accade lo colpisce nel profondo. Gli arriva diretto al cuore, perché non può fare a meno di immaginarsi nella persona che vede coinvolta.
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