Sai, stasera mi son chiesta com’è che tutti i grandi autori utilizzino nomi d’arte per parlar di sè: gli alter ego, le voci narranti.
Sembra che gli piaccia dare a chi va’ in scena e si espone al grande pubblico la propria identità, i propri vizi e le proprie peculiarità, ma mai il proprio nome.
Secondo me è l’imbarazzo, la voglia di raccontarsi ma il pudore di non gettare mai del tutto la maschera.
Ed è così che avviene anche nei libri, per cui vi parlerò di Blu.
Blu come i pensieri sommessi, le emozioni profonde, l’oceano di segreti, la quiete della resilienza. Blu come il colore delle anime.
Blu è un letto sfatto pieno di appunti e di libri, un muro pieno di vecchie foto, una cartolina ingiallita. Lei ha dentro la luce di mille girasoli e la malinconia di Venezia, la dolcezza di un cervo e la fierezza di una pantera.
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto Vi parlerò di Blu per dare voce a parti di me rimaste a lungo in silenzio. Nato come flusso di coscienza personale, il libro è diventato un racconto universale: un invito a riconoscersi nelle emozioni, nei dolori e nella speranza. È un riscatto per chi sente intensamente, affronta lutti e battaglie interiori, ama genuinamente e risale dagli abissi senza lasciarsi indurire, trasformando il dolore in crescita.
ANTEPRIMA NON EDITATA
CAPITOLO II: BLU
Blu non è una ragazzina nata in una grande città, il suo mondo potrebbe occupare non più di 1000 millimetri di carta in una mappa geografica, eppure in quel piccolo spazio orbita tutta la sua vita: Messina.
E‘ tutto ciò che vi è di più distante dalla perfezione, eppure è nata e cresciuta con un orgoglio tale per cui tenta sempre di avvicinarcisi. Che tipo è? Mistica e lunatica, oserei dire, con un garbo fuori dal comune, una sensibilità spiccata ma spesso celata al mondo, perché al giorno d‘oggi è pericolosopermettersi la fragilità.
Blu chiede scusa persino quando cade.
Sembra che abbia rubato due calamai di inchiostro nerissimo e se li sia piantati in faccia, dando vita a quel paio d‘occhi che quando s‘arrabbia diventano due fessure pronte a divorare tutto ciò che la circonda e inglobarlo nella vastità dei suoi casini, dei suoi pensieri.
C’ha i capelli ingarbugliati come i suoi discorsi, lunghi, del color del rame, che ricordano il momentoin cui il sole delle sei del mattino bacia le vaste distese di grano nei campi.
Ha due labbra troppo voluminose per non baciarsi più volte ad ogni parola che pronunci.
Blu è un letto sfatto pieno di appunti e di libri, un muro pieno di vecchie foto, una cartolina ingiallita. Lei ha dentro la luce di mille girasoli e la malinconia di Venezia, la dolcezza di un cervo e la fierezza di una pantera.
La sua austerità credo sia attribuita al nido in cui ed è cresciuta, una ovatta che
protegge dal mondo fuori ma che ti attacca dall‘interno, come una pianta carnivora coperta di spine per i nemici, ma che ti chiude nella sua morsa stretta.
Ma Blu amava quella pianta, la chiamava “casa” e imparò ad accettare le spine, a vivere nella sua bocca potenzialmente letale senza essere inghiottita: rimaneva in bilico in quella lingua, ne faceva la sua culla.
Coltivò l‘amore per quella pianta e al contempo il desiderio di riscatto, la brama di evasione. Così
in men che non si dica quando aggiunse la ventunesima candelina sulla torta, strinse con tenacia la pergamena di laurea e un trolley e decise di prendere un aereo per Milano, dare un bacio a quella pianta carnivora, ora non più ostile, ma delicata come le margherite, e non voltarsi al check-in, mentre vedeva la sua amata terra, la Sicilia, rimpicciolirsi sempre più dai vetri opachi di un oblò.
Blu sarebbe davvero potuta diventare chiunque lei volesse: una temeraria avvocatessa, una paziente insegnante, un‘abile imprenditrice o una psicologa magari, una di quelle strizzacervelli che sanno dispensare buoni consigli a tutti meno che a loro stesse …
Ma lei decise di mettere le proprie qualità e abilità al servizio della gente e così divenne un‘infermiera.
Blu però non ce l’ha proprio I‘aria da missionaria, ha qualcosa di tagliente in quello sguardo ferito che urla al mondo “non puoi scalfirmi” ma al contempo gli sussura “proteggimi“.
Ma mia cara Blu, quanto mi sei familiare. In quegli occhi rifletti la vita che hai preso, catturandola come se avessi il rullino in testa, il flash tra le ciglia e lo zoom nelle pupille. Ti ricordi quando da bambina imparasti a leggere?
Continua a leggere
Aveva poco più di 4 anni. E cosa ci si aspetta da una bambina in quell’età? II massimo a cui si possa ambire è che riesca a riconoscere figure e colori, e che possa riempire coi pastelli una forma senza uscire fuori dai margini, muovendo il pastello sempre nella stessa direzione.
In quello non era molto brava: gli schemi, i margini, non le sono mai piaciuti, li detestava già da allora.
Eppure aveva imparato ad unire suoni e lettere.
Blu ricorda ancora quando suo padre, una figura di spicco nelle forze dell’ordine, la venne a prendere a scuola.
Quanto era fiera, era il suo supereroe in borghese e cercava sempre di essere una figlia degna del suo amore e della sua stima.
Così, su quell‘auto, in viaggio verso casa e in presenza del suo fidato collega, cominciò ad elargire le sue conoscenze leggendo ad alta voce tutte le insegne dei negozietti presenti lungo il tragitto.
Suo padre, quel gigante buono di cultura e austerità, credette dapprima che barasse e che le fosse venuta in aiuto la “memoria” fotografica, cosi le propinò davanti la “Gazzetta del Sud” e indicandole la prima riga del giornale la incitò: << Leggi! >>.
E, con grande sorpresa, Blu lesse a gran voce. Lo sguardo fiero e stupito di suo padre la ripagò dei giorni trascorsi in silenzio ad ascoltare, a curiosare, ad unire quei suoni delle consonanti, “rubando” informazioni anche alla sorella maggiore, Amanda.
Quando le chiese dove avesse imparato non riusciva a dargli una risposta univoca. Come avrebbe potuto spiegare che non vi era mai stata una sola fonte?
Blu era così curiosa, da sempre.
Così ben presto diventò il braccio destro della maestra che, credendo molto in queste sue abilità, lefece frequentare talvolta le scuole elementari segretamente, essendo I‘ istituto solo a pochi metri dall‘asilo in cui era iscritta.
<< Vostra figlia ha bisogno di stimoli al passo con la sua intelligenza. Vostra figlia legge, riflette, pensa. Se le do un palloncino non lo fa nemmeno volare, lo tiene tra le mani con eccessiva cura e disciplina custodendolo gelosamente. Se qualche altro bambino sceglie il palloncino giallo, il suocolore preferito, lei glielo cede senza batter ciglio e senza fare i capricci, nonostante sia la più piccola della classe. Ha un‘eccessiva maturità, oserei dire anomala rapportata alla sua età.>>
Queste furono le parole che la maestra Enza, una donna dolce, bassa e paffuta, spese nei suoi confronti al colloquio con i suoi genitori.
Quella bambina dalla mente brillante diventò ben presto una divoratrice di libri e arrivò il tempo delle elementari, dicevano di lei che era molto intelligente ma altrettanto pensierosa, con la testa sempre tra le nuvole.
Nella sua classe vi era un grosso vecchio armadio di legno nel cui ripiano superiore vi era una scatola con scritto in stampatello il suo nome “BLU“.
Pensava fosse un privilegio: qualcuno aveva riservato un posto per qualcosa che fosse solo suo.
Lì dentro pero vi erano medicine dai nomi strani, difficili da leggere a volte, ma che tutti i compagnetti dicevano che fossero molto importanti per Blu, che avrebbero potuto servirle “in qualsiasi momento“.
Era una broncopatia asmatica a lenta risoluzione a, ma per i laici diremmo solo che Blu faceva fatica a respirare, che la notte in particolare aveva fame d‘aria, che nonostante la tenera età sentiva di poter morire asfissiata da un momento all‘altro :le batteva così forte il cuore da poterlo sentire dalle orecchie, le infezioni ricorrenti la portavano ad avere la febbre molto alta e gli incubi la accompagnavano tutte le notti nonostante suo padre, “il gigante buono” e sua madre, una amorevole “racconta favole” facessero la veglia ogni notte sul suo sonno, per 7 anni.
Trascorse quegli anni tra un ricovero e l’altro nel reparto di pediatria, eppure era una bambina felice e vivace, riusciva a cogliere il bello di ogni cosa e, quasi per magia, il suo coraggio o forse il destino o per chi ci crede, qualche Dio, la premiò e non incappò più in
alcun problema respiratorio per tutti gli anni a venire.
<< Blu è il nostro piccolo miracolo e speriamo per lei di non vederci mai più qui dentro>>
Furono queste le parole di pneumologi e cardiologi che la ebbero in cura: era sana, finalmente e aveva una vita da vivere, ma vivere davvero.
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