Da lassù, Riccardino può osservare, o meglio spiare, chiunque passi nei dintorni. Al contrario, nessuno riesce ad accorgersi di lui, sperduto puntino difeso da un oblò nel cielo. Tale posizione appare quindi perfetta per un pittore come lui, che può osservare e interpretare il mondo che lo circonda. Nonostante la sua giovane età, Riccardino è infatti un artista. Non certo uno qualunque, ma uno decisamente in gamba. Glielo dice sempre la mamma e quel che dice la mamma non si discute.
A testimonianza di ciò, la sua stanza è disordinariamente piena di tavolozze, fogli, matite, pennelli, gomme e tanti, tanti manuali e libri di pittura. Tra questi, Caillebotte occupa un posto speciale. Immagini di quadri del suo artista preferito tappezzano infatti ogni metro quadro disponibile e comprendono riproduzioni dipinte – e firmate – da Riccardino stesso. Proprio da Caillebotte il piccolo prende spunto quando dipinge. Il suo sguardo al mondo è realista, ma con aggiunte particolari e personali, che ama definire impressioniste. Si concentra molto, forse più del dovuto, ogni volta che dipinge. Dopo una rapida occhiata dal suo oblò, sempre da un’angolazione diversa, chiude gli occhi e inizia a dipingere o disegnare, senza guardare né giudicare il risultato preliminare. Questo per evitare che un primo sguardo possa influenzare, se non rovinare, la buona riuscita dell’opera. Come sempre, la sua concentrazione durante l’atto pittorico è tale da non accorgersi di presenze aliene, anche molto vicine a lui.
Caterina è infatti seduta sul suo lettino da almeno dieci minuti, in religioso silenzio. Un timido raggio di luce riesce a farsi strada e, come il proiettile di un cecchino, si infrange sul volto della donna, facendone risaltare la bellezza. Mai stufa di osservarlo, ma impaziente di vedere l’ultima creazione di Riccardino, cerca di farsi notare fingendo alcuni colpi di tosse.
«Richard,» dice con il suo accento francese «fammi un po’ vedere che cosa hai dipinto oggi, dai.»
La voce, che sembra provenire da un’altra dimensione, fa sussultare il bambino riportandolo velocemente alla realtà. I suoi riflessi da lince lo soccorrono e gli evitano una potenziale rovinosa caduta dallo sgabello sul quale è accovacciato.
«Mamma!» urla lui, scendendo dal suo trespolo. «Quante volte ti ho detto di bussare prima di entrare nella mia stanza? Sto lavorando, non vedi?»
Caterina, abituata all’estro del figlio, sorride e attende qualche secondo prima di rispondere.
«Richard, ma se avrò bussato almeno tre volte. Ho anche aspettato, così per cortesia, prima di aprire la porta. Ma niente, come al solito sei sordo come un pesce.»
Riccardino ride di gusto.
«Come una campana. Si dice “sordo come una campana”, mamma. Il pesce è quello muto. Sai, muto come…»
Caterina lo interrompe: «È uguale, via! Campana, pesce. Comunque sia, io avevo bussato. Adesso fammi vedere cosa hai dipinto, forza».
Riccardino si arrende, decidendo di non lamentarsi e di non ripetere il suo solito mantra che intona “l’opera è ancora incompiuta, ci sono ritocchi da fare, è solo una bozza”. Si arrampica di nuovo sullo sgabello per raggiungere l’oblò dove aveva incastrato la piccola tela.
«Ecco qui…» mormora, cedendo la bozza alla mamma.
La donna estrae un paio di occhiali dalla tasca della camicia e, come per darsi un tono, li indossa iniziando a elencare una serie di terminologie tipiche dei critici d’arte, come quelli che vede sempre in TV. Parole come “tocco”, “spennellata”, “colori accesi” e “prospettiva” escono come un fiume in piena dalla sua bocca fino a quando, notando lo sguardo fisso e assente di Riccardino, si arrestano per lasciare spazio a un linguaggio meno professionale.
«È bellissimo, Richard. Come tutti gli altri.»
Lui sorride a malapena, cercando di mantenere un’aria composta.
«Vedi di finirlo in fretta, però, che tra poco ti porto il pranzo» aggiunge poi lei, smorzando il momento di imbarazzo creatosi.
«Oh, bene! Avevo giusto fame. Sai, tutto questo lavoro prosciuga le mie energie. Cosa mi hai preparato oggi?»
«Il tuo piatto preferito, gnocchi al pesto» dice sorridendo.
Riccardino urla di gioia e si esibisce in una lunga danza, al contempo ridicola e curiosa. È così concentrato sulle sue mosse da non accorgersi che Caterina è già dall’altro lato della porta della sua cameretta, che si preoccupa di chiudere a chiave con cautela e bloccarla, infine, con un chiavistello.
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