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Il vizio dell’infelicità. Storia del linfoma che provò a farmi fuori

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Mentre Sara è impegnata a portare avanti una relazione che non funziona più, a fare progetti di cui non è convinta ma ai quali sostanzialmente si è abituata, e soprattutto a compiacere gli altri a tutti i costi, un meteorite si schianta sulla sua vita: le viene diagnosticato il linfoma di Hodgkin.
Il percorso per la guarigione è lento e difficile. Ad attenderla ci sono settimane di ricovero e chemioterapia, ma se da una parte il corpo è sottoposto allo strazio della cura, dall’altra la mente è chiamata a un altrettanto duro confronto con la realtà.
Rovistando fra le macerie della sua esistenza, Sara non dovrà solo rimettere insieme i pezzi della sua vita, ma decidere cosa vale la pena tenersi stretto e cosa finalmente buttare via.

GLI EROI DELL’INFANZIA
Da piccola avevo una lista di eroi ai quali ero molto affezionata.
I primi che mi vengono in mente risalgono a quando avevo otto anni e guardavo il cartone animato delle Tartarughe Ninja, che hanno giocato un ruolo fondamentale nell’aiutarmi a sconfiggere la paura del buio. Ogni volta che dovevo alzarmi nel pieno della notte per andare in bagno, sentivo di correre il rischio di non tornare mai più. Avevo bisogno di fare pipì, ma l’idea di abbandonare il letto e infilarmi in quel corridoio buio e minaccioso mi faceva venire ben altri stimoli.
Donatello, Raffaello, Michelangelo e Leonardo abitavano nelle fogne, quindi se fossi arrivata fino al bagno illesa, loro mi avrebbero protetta.
Così, lanciavo in aria le coperte, saltavo fuori dal letto e correvo per il corridoio trattenendo il fiato, per poi chiudermi immediatamente la porta del bagno alle spalle.
Nel 1991, poco prima di Natale, la Mattel promosse l’uscita di un giocattolo ispirato proprio alle Tartarughe Ninja mutanti: piccole testuggini di plastica alle quali, schiacciando un pulsante, si poteva aprire la pancia, ruotare la testa e far spuntare gambe e braccia al posto delle zampe.
A mutazione completata si otteneva un Vin Diesel bonsai.
Una di loro in particolare mi aveva rubato il cuore: Michelangelo. Era impulsivo, coraggioso, aveva la credibilità che meritano solo i personaggi che a prima vista pare non ne meritino affatto, ma che poi fanno o dicono qualcosa che ti lascia a bocca aperta a riflettere sui massimi sistemi.

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Fu quindi il Michelangelo della Mattel a finire in prima posizione nella letterina di Natale 1991.
La notte di quella Vigilia, scartai il pacchetto con la smania di cui sono capaci solo i bambini di fronte a un regalo, ed eccolo lì. Quant’era bello.
Da quella stessa notte, in bagno ci andai stringendolo in mano e, volta dopo volta, la mia paura del buio si affievolì. A un certo punto, sentendomi ormai immune dalle forze del male del dark side of the corridoio, iniziai addirittura a lasciare la porta del bagno aperta.
Un passo alla volta e tutto svanì nel nulla.
Ho ancora ben presente l’immagine di Michelangelo abbandonato sulla mensola rossa della mia cameretta quando, dopo qualche giorno di tacita nostalgia, lo guardai e gli dissi: «Non fraintendermi, Mick. Non sei tu, sono io. È che ora sono diversa, sono cambiata e sento che la nostra relazione non è stata al passo. Dimmi che mi capisci, ti prego».
A proposito di eroi dell’infanzia e di 25 dicembre: per me furono eroi anche Babbo Natale e Gesù.
Un anziano obeso su una slitta volante che si accolla il giro del mondo in una notte per portare regali a milioni di bambini e un trentenne che si fa inchiodare a una croce per gente che non ha mai nemmeno visto, resuscita e il giorno del suo compleanno, anziché alzare trionfante il dito medio dicendo: «Oh, c’avete provato, ma sono ancora qui», fa regali a chiunque. Se non sono eroi questi…
A un certo punto però il dualismo fantasia-religione iniziò a crearmi un po’ di confusione su chi fosse il corriere. Gesù Bambino o Babbo Natale?
Chi è che si calava dal camino (che comunque non ho mai avuto)? Un neonato? Un anziano obeso con la barba? Un neonato nascosto nella barba dell’anziano obeso?
Tra gli adulti c’erano versioni contrastanti e io non sapevo più a chi credere.
Elaborai la teoria che Babbo Natale fosse il nonno di Gesù e iniziai a scrivere ad anni alterni la letterina a uno e all’altro, concludendo con “salutami tuo nonno” o “un abbraccio forte a tuo nipote” per non fare un torto a nessuno.
Poi arrivarono i giorni della rivelazione.
I primi dubbi furono sollevati da qualche mio compagno di classe bastardo che godeva nel distruggere l’ingenuità altrui.
Infine chiesi a mio padre: «Papà, Babbo Natale esiste?».
E lui: «Se ci credi, sì».
Se ci credi, sì.
Ho legato a quella frase l’aquilone della mia innocenza e della mia speranza, finché il filo si è spezzato e nemmeno me ne sono accorta.
Furbo, mio papà.
A ogni modo, sfogliando il catalogo dei miei eroi, mi accorgo che quelli che resistettero più a lungo al lento ma inesorabile avvento dell’adolescenza furono sicuramente loro: i miei genitori.
Erano infallibili, risolutori di ogni problema, il nucleo inscindibile della mia esistenza.
Come due sfere luminose che insieme avevano creato un atomo indivisibile dentro al quale c’ero anche io, e fuori tutto il resto: il male, i pericoli, il maestro di musica troppo severo, i compagni di classe stronzi, la febbre il giorno della Vigilia di Natale, il terrore dell’ora di ginnastica, la paura del buio, il timore di non essere abbastanza buona. Dentro invece c’eravamo noi tre, le risate la mattina presto, l’odore del vapore sbuffato fuori dal ferro da stiro ogni domenica, col sottofondo dei vinili di Mango, Whitney Houston e Eduardo De Crescenzo, i giochi nel lettone, le colazioni che profumavano casa di caffellatte, i cartoni animati fino a tardi il venerdì sera, il divano diviso in tre.
Solo una cosa stonava: una volta al mese mia madre si chiudeva in camera sua e piangeva. Tantissimo.
Com’era possibile che un eroe piangesse così tanto?
Un giorno decisi di chiedere a mio padre: «Papà, perché la mamma piange?».
E lui: «Quando sarai grande, capirai».
Altra frase a effetto che mi ammutoliva. Diceva tutto e niente. Mi faceva solo venire voglia di essere grande all’istante.
Qualche anno più tardi, mia madre, gonfia di orgoglio, mi urlò in faccia: «Amore, sei diventata signorina!», e rimpiansi con tutte le mie lacrime di aver desiderato che gli anni passassero in fretta per farmi diventare donna e capire.
“Quando sarai grande, capirai.” Era una minaccia. Se solo avessi saputo cosa mi aspettava, probabilmente avrei preferito passare direttamente dall’infanzia alla menopausa.
Per onorare la verità, il dialogo con mio padre avrebbe dovuto essere: «Papà, perché la mamma piange?».
E lui: «Perché è in premestruo, amore».
Capisco che l’idea di addentrarsi nella selva oscura dell’educazione sessuale non gli piacesse un granché, ma sarebbe servito a farmi godere il tempo che mi rimaneva prima di atterrare sull’isola felice di Ormoniland, in sella a un assorbente alato.
Diciamocelo: il motivo per cui certi discorsi i genitori non li fanno è più per preservare loro stessi che per proteggere i figli.
A ogni modo, pensando a quei momenti, riconsidero l’entità dei poteri di mio padre: entrava e usciva dalla stanza di mia madre con una tisana calda, una coperta, una fetta di torta, capretti da offrire in sacrificio e pugnali sacri, ma soprattutto col giusto grado di rassegnazione.
Capitan America: ciucciati il calzino.
Quel comportamento, o era mero spirito di sopravvivenza o era il più potente dei superpoteri: l’Amore.
Poi successe che mia madre e mio padre si lasciarono. Quello fu il più grande “Babbo Natale non esiste” della mia vita.
Da piccola avevo una lista di paure alle quali ero molto affezionata. Mi ci attaccavo con la forza sovrumana di chi sta per affogare in mare aperto e un istante prima di arrendersi trova un salvagente. Non è stato poi tanto diverso, crescendo.

LA TARTARUGA A ROTELLE

«Stasera andiamo a fare la spesa, ché manca di tutto.» Matteo mi accoglie con questa frase imperativa.
Mmm, che gioia! Dopo otto ore sfiancanti a lavoro, sono felicissima di uscire per andare a fare la spesa. Anzi, dai, aspetta, vado a prendere i coriandoli, Maracaibo! Questo è quello che penso.
«Preferisci Tigros o Iper?» Questo è quello che dico.
«Tu cosa preferisci?» mi chiede.
Un’influenza gastrointestinale, penso.
«Iper» dico.
«Iper?! Col casino che c’è a quest’ora non torniamo più a casa, dai.» E mi guarda come se fossi una povera stronza.
E allora cosa cazzo me lo chiedi a fare? Ma non dico nemmeno questo, e alzo gli occhi al cielo.
Io e Matteo: quasi cinque anni di storia, quattro anni e mezzo di convivenza, vent’anni di amicizia alle spalle.
Non saprei collocare la crisi in nessun punto preciso del nostro tempo insieme, ma a un certo punto è arrivata, e da lì anche i relativi avanti e dopo.
Tipo la nascita di Cristo.
Avanti Crisi. Dopo Crisi.
Nell’a.C. c’erano spensieratezza, risate, sostegno reciproco, cene con amici, passeggiate mano nella mano.
Ora, nel d.C., ci sono lagne e litigate intervallate da lunghi silenzi.
Non condividiamo più niente, da nessun punto di vista. Qualsiasi cosa lui dica per me va bene, purché la smetta di puntualizzare su tutto. È reciproco.
Le nostre discussioni sono diventate tornei di morra cinese: raccogliamo parole a casaccio alzando le mani in aria e ci buttiamo in faccia frasi crudeli, ognuno sperando di aver azzeccato quella giusta per annientare l’altro.
L’ho conosciuto che avevo sedici anni, mentre lui ne aveva ventitré.
Matteo ha lo sguardo severo come il suo aspetto. È ribelle, orgoglioso, difficile da contraddire. È un uomo dalla sensibilità profonda, ma nel senso che l’ha sepolta a chilometri dalla superficie.
Di lui odio che se contraddetto si comporta come un adolescente a cui i genitori negano lo scooter.
Di lui amo… non me lo ricordo più.
Quanti discorsi recitati, corretti, riletti e taciuti, prigionieri della mia paura di sbagliare, di esagerare, di rischiare, di venire abbandonata per aver detto quella parola di troppo.
Dovrei dirglielo, che non sono d’accordo con il suo modo arrabbiato di interagire col mondo e con me, soprattutto quando io e il mondo lo guardiamo alzando il sopracciglio di fronte al suo sdegno costante che – sì, lo ammetto – ci fa proprio pensare: quand’è che la smetterà di lamentarsi?
Non sono d’accordo col suo star sempre a pugni alzati, con le sue urla, con le sue convinzioni sorde, cieche, testarde.
Dovrei dirglielo, che non mi fido più di lui.
Se James Cameron avesse scritto Titanic con noi come protagonisti, l’avrebbe chiuso prima della metà:

SCENA SUL PONTE
Lei arrampicata sulla ringhiera.
Lui alle sue spalle le cinge la vita e le sussurra: «Reggiti. Tieni gli occhi chiusi. Ti fidi di me?».
Lei: «No».
FINE
TITOLI DI CODA

Vorrei litigarci, urlargli in faccia, invece io non dico nulla e lui continua a essere semplicemente se stesso. Perché sto permettendo al suo “essere lui” di invadere non solo il nostro noi, ma anche il mio io?
Sono certa che c’entri qualcosa con la tartaruga a rotelle.
Quando andavo all’asilo, a metà mattina arrivava il momento della ricreazione e noi bambini uscivamo dalle classi, ci ritrovavamo nel grande salone comune e potevamo giocare liberamente tutti insieme. In fondo al salone, ad attenderci c’era una cesta enorme, piena di giochi. Ognuno di noi poteva sceglierne uno, uno soltanto. Il più ambito era una tartaruga di legno con le rotelle, legata a uno spago che serviva a portarla in giro.
Arrivavano le undici, suonava la campanella e ci trasformavamo tutti in piccoli giocatori di rugby, correndo e atterrandoci a vicenda per poter arrivare per primi alla tartaruga.
Un giorno ci riuscii. Dopo mesi e mesi di tentativi falliti, riuscii a conquistarla, e a ripensarci ora sono sicura che nella mia mente, in quel momento, risuonasse la colonna sonora di Momenti di gloria, anche se ovviamente il film non lo avevo mai visto.
La appoggiai a terra, presi l’estremità dello spago e la trascinai per un paio di metri.
Trenta secondi dopo arrivò un altro bambino, che mi chiese: «Posso giocarci io?».
Nessuno mai, nella storia dell’asilo Maria Qualcosa di Bollate, aveva ceduto quella fottuta tartaruga, una volta conquistata.
Ma col cazzo! pensai.
«Sì, toh» dissi.
Gli allungai lo spago e lui se ne andò con la tartaruga al seguito.
Quello credo fu il giorno in cui ho iniziato a fare una cosa di cui poi sono diventata una campionessa: pensare “col cazzo”, ma rispondere “sì”.

30 gennaio 2020

Aggiornamento

LE ULTIME ORE di campagna Iniziata il 20 settembre, con tutto il calore e l'amore del mondo intorno. 4 giorni dopo in ospedale la PET mi avrebbe dato una mazzata sulle ginocchia non indifferente. Il tumore stava continuando a crescere. Io non scherzo quando dico che tutto quello che grazie a Bookabook, alla campagna, al mio libro ho fatto in questi mesi mi ha letteralmente salvata dalla disperazione. E non solo mi ha salvata, ha aggiunto gioia. Ha aggiunto soddisfazioni, risate, vita su vita su vita. Il 27 gennaio abbiamo festeggiato la chiusura della campagna al JULIUS PUB di Caronno Pertusella ed eravate ancora tantissimi, tutti intorno a me. Abbiamo riso e ci siamo commossi. GRAZIE di avermi salvata. Amata. Vissuta. Ci vediamo prestissimo in libreria!
07 gennaio 2020

Aggiornamento

Cos'è successo in queste settimane? Sono sparita? Macchè, ero solo un pausa. Mi ha detto la mia psicologa che avere una malattia come la mia spesso dà al proprio inconscio l'illusione di avere un potere che in realtà non si ha per niente. Mi ha consigliato quindi di essere sempre in ascolto della mia parte più profonda e di essere sempre sincera con me stessa e con gli altri, riguardo i miei stati d'animo. Per questo sono rimasta qualche settimana ferma con la presentazione del mio libro: avrei dovuto tirar fuori un'ironia che non avrebbe rispecchiato quel che sentivo. Quindi ho aspettato e mi sono rispettata. E ho fatto bene. Il livello di energia seppur solo per qualche ora è risalito e mi ha permesso di passare un ultimo dell'anno pieno d'amore, un primo dell'anno pieno di febbre e un secondo dell'anno pieno di Me in Attesa, sbarcato in Puglia, presentato nella magica Bottega Dei Miracoli di Torremaggiore (libreria vineria) e raccontato alla penna di Cinzia Celeste che ha scritto questo articolo meraviglioso per L'Attacco. Non finisce qui, un'altra presentazione in vista ma stavolta dalle mie parti. A breve newssssssss. Buon inizio 2020 a tutti. Come prima cosa non sprecatevi. Vi amo
10 dicembre 2019

Aggiornamento

Il Linfoma quando arriva arriva. Ah, ma non era il Natale? Piano piano buono buono un cazz. Prima fase: disperazione Seconda fase: chiedersi il motivo dandosi colpe a caso Terza fase: rinascita. Sono in ospedale, se tutto va bene esco a breve. Nel frattempo mi faccio qualche domanda e mi do qualche risposta. Tipo: chissà se i miei amici lo sanno che me inAttesa si può regalare per Natale. Chissà se sanno che chi lo preordina entro il 31/12 avrà in omaggio una 'cartarughina' per ogni libro preordinato (vedi foto). Secondo me no quindi lo sto dicendo: Me inAttesa si può regalare per Natale e in omaggio riceverete la cartarughina in foto, una per ogni copia regalata. Vi abbraccio tanto! bigliettini buon natale
21 novembre 2019

Aggiornamento

LA SCELTA DEI TITOLI dipendeva dalla parte di storia che stavo per raccontare. Lo sapevo già dove sarei andata a parare quindi prima scrivevo il titolo e poi tutto il resto. Questo è il titolo del capitolo “di snodo”. La boa. La nascita di Cris… No dai non esageriamo. La sliding door. Dopo questo capitolo faccio come Gwyneth che scopre che il suo compagno la tradisce ed è un cretino, si taglia i capelli e va avanti. Io i capelli li ho tagliati un pochetto più corti e io non ho scoperto un tradimento, ma una malattia però alla fine secondo me io e Gwyneth siamo in sintonia. Sono sempre io ma non lo sono più. la scelta dei titoli
12 novembre 2019

Aggiornamento

COS'È SUCCESSO DA MERCOLEDÌ A OGGI? In una sola parola: LA MAGIA. Mercoledì 6 io e me inAttesa siamo stati ospiti del Cantiere 40/3 ad Arese. Uno spazio splendido, vestito da teatro ma anche un po' da casa, gestito dai giovani, messo in piedi con tanta forza di volontà. E me inAttesa è stato accolto con curiosità e sensibilità. È stata una serata di parole, risate, immagini e musica (per le ultime due ringrazio Giancarlo Pasquali con i suoi originalissimi minimal incipit -andate a vederli!- e Alessandro Coco per le sue canzoni speciali). Domenica 10 invece la coccinella ha svolazzato fino all'Ostello Bello di via Medici a Milano e l'atmosfera l'ho raccolta in questa foto, prima che arrivassero le persone. Mancava soltanto un caminetto acceso. Ho visto anche qui facce nuove e incontrato persone che ammiro tantissimo che mi hanno stretta forte, facendomi sentire nel mio posto nel mondo - cioè in me stessa. Totalmente. Un grazie speciale ad ADMO Lombardia, presente nella persona di Mirko Antonioli: sono orgogliosa di averlo avuto al mio fianco. La serata si è conclusa con io che piangevo mentre cantavo le mie canzoni e il pubblico presente che piangeva con me, che la puntata più tragica di Candy Candy in confronto è un film di Mel Brooks. A parte gli scherzi: anche questo ha fatto parte della bellissima sensazione di aver trovato il mio posto nel mondo. ospiti del Cantiere 40/3 ad Arese
03 novembre 2019

Aggiornamento

- NO TRAVESTITI E PIANTI IMPAURITI - Cresciuta con l’idea che solo facendo la brava bambina sarei stata degna d’amore. E con questa idea - che per meritare amore dovessi rispondere all’idea altrui di “brava bambina” - ho iniziato mio malgrado a dire Sì anche quando avrei voluto dire di No e a soffocare i miei pianti. Ci sono cresciuta con questa idea ed è cresciuta anche lei, si è fatta più forte. Fino a diventare una convinzione. Tutti quei no travestiti da sì e tutti quei pianti messi sottovuoto hanno trovato un rifugio nel mio corpo, uno spazio all’altezza del cuore silenzioso e pacifico. Si sono accumulati lì. Giorni, mesi, anni. Si sono affollati tutti quanti lì. Lo spazio si è fatto sempre più stretto ma i no travestiti e i pianti impauriti ci stavano bene lo stesso. Il mio cuore no, lui iniziava a stare scomodo. Può essere un caso e sicuramente la scienza non la spiegherebbe così ma caso vuole che il mio linfoma si sia acceso proprio nel torace, vicino al cuore. Quando ho letto questa frase di Shakespeare ho pensato che fosse perfetta come motto della mia vita, da quel momento in avanti: i no sono no, i sì sono sì, i pianti li lascio andare dove vogliono andare. Anche i numerosi “vaffanculo” e i saggi “sticazzi”. E il mio cuore sta ricominciando a vivere comodo. date parola al vostro dolore altrimenti il vostro cuore si spezza
01 novembre 2019

Aggiornamento

• Io, il linfoma e tutto il resto della mia vita • Ci sono tantissime cose che vorrei e potrei dire ma ne scelgo una su tutte: Ricordiamoci, qualsiasi sia il momento che stiamo vivendo, che noi non siamo il nostro dolore. Come sempre: GRAZIE bookabook. Io il linfoma e tutto il resto della mia vita
26 ottobre 2019

Aggiornamento

HO INIZIATO LA CORREZIONE DELLA BOZZA su cui poi metteranno mano anche dei super editor super fighi. E inizio a chiedermi un sacco di cose su come sarà avere in mano una copia del mio libro. Mi chiedo come sarà la copertina e non so perché ma mi viene in mente il colore giallo. Chissà. Potrei godermi un po' di riposo, invece no. Invece ho programmato due eventini di presentazione e non solo. Il primo sarà mercoledì 6 novembre, alle 20. Il secondo domenica 10 novembre, alle 17 circa. Non dico altro, i dettagli arriveranno a breve. A presto! ps HO INIZIATO LA CORREZIONE DELLA BOZZA ma l'autunno quando inizia? pps questa grafica è opera della mia romantica e bellissima cugina (su instagram trissnotes!) october
12 ottobre 2019

Aggiornamento

Vi racconto come nacque Me inAttesa. Nacque da mail che raccoglievano i miei pensieri, inviate durante il primo ricovero in ospedale. Mail che io e un mio carissimo amico ci scrivevamo, solitamente a notte fonda. Amico che per giorni e settimane mi ha ripetuto “tu devi scrivere Sara, io un tuo libro lo comprerei al volo”. Parole che mi hanno seminato dentro il desiderio di rimettere insieme i miei mille pezzi (anche più di mille) a servizio di qualcosa che mi permettesse di rivedermi una. Di rivedermi me. Una Me in attesa di rinascere, inattesa per tutte le risorse che ha (che ho) saputo mettere in gioco. Tutto è partito da quelle mail. Diventate poi questo libretto nella foto. Diventato poi la bozza che c’è qui, scaricabile e leggibile. Che presto diventerà il libro che avete scelto. Grazie per avermi aiutata a raggiungere questo obiettivo importante. Adesso andiamo avanti, insieme. come nacque Me inAttesa
06 ottobre 2019

Aggiornamento

Ci sono quasi. Ci siamo quasi. Quelli di voi che hanno già letto la bozza mi hanno scritto una serie di cose che più che ringraziarvi dovrei farvi un bonifico importante perché ve lo meritereste ma so che non lo accettereste quindi facciamo che vi accontentate di un bel "Grazie di cuore" e a posto così. Anche perché sono povera. Pare che la frase che vi ha più colpiti sia questa qui, nella foto. Io lo so che ognuno di noi ci trova dentro il proprio universo in queste parole. Lo so. E voglio dirvi, senza presunzione e senza fingermi una guru di sta cippa, che se ancora non ve ne siete liberati di quella sensazione lì, quella che vi fa sentire a disagio in tutte le nuance a partire dal fastidio leggero fino ad arrivare al soffocamento, prima o poi succederà. Le catene non reggeranno. Tra qualche giorno vi parlerò di una cosa carina che ho pensato per Natale ma aspetto ancora un po' per non farvi venire l'ansia. Sono ancora in cerca di un posto adatto alla seconda presentazione e lo cerco a Milano Città, a breve altri aggiornamenti! l'infelicità all'inizio è una scelta poi diventa un vizio
25 settembre 2019

Aggiornamento

QUESTE BELLISSIME PAZZARELLE, oltre ad avermi ospitata durante la loro bellissima trasmissione L'amore ai tempi dei social (su Radio Cernusco Stereo), mi hanno fatto uno dei regali più belli che potessi ricevere. Senza dirmi nulla, durante la diretta radio fanno una telefonata e... Cucù! Enrica Tesio. Che mi fa gli auguri per la campagna bookabook. Cioè, la mia scrittrice preferita con cui fare quattro chiacchiere mentre parlo del mio libro... CHE DEVO DIRE?? SUSANNA E ROSARIA SIETE FANTASTICHE! Trovate sulla pagina fb di Radio Cernusco Stereo la diretta della puntata con tanto di mio faccino parecchio sorpreso e alquanto commosso quando ho capito che al telefono c'era Enrica. Troverete anche il podcast. A prestissimo! Radio Cernusco Stereo Radio Cernusco Stereo presentazione
22 settembre 2019

Aggiornamento

Ho bisogno di mettere in ordine le idee: In meno di due giorni la mia campagna su bookabook per Me inAttesa ha raggiunto il 50% e tutto questo grazie a VOI. Grazie ancora all’ L'Orablù - Associazione Culturale per avermi permesso di parlare del mio libro, non ridevo così da settimane, grazie anche e soprattutto per questo. La prossima bellissima tappa la farò ospite di due bellissime donne: Susanna Guzzi e Rosaria Gaglione, che mi accoglieranno a Radio Cernusco Stereo (93.9 FM) nella loro splendida trasmissione L'amore ai tempi dei social - mercoledì 25 settembre dalle 20 alle 21 faremo salotto e tutti quelli che non hanno potuto partecipare alla serata di apertura potranno sintonizzarsi e farsi quattro risate. Non vedo l’ora ❤️ campagna su bookabook per Me inAttesa
21 settembre 2019

Aggiornamento

Ieri all’Orablù di Bollate abbiamo festeggiato insieme l’apertura della campagna. Eravate tantissimi. Eravate bellissimi. Tanto che mi sono commossa. Tanto che ho scordato di raccontarvi come ho rotto il dito. Lo farò nelle stories di Instagram. Grazie, a cuore pieno. Orablù di Bollate

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Ho iniziato a leggere la bozza, dicendomi “solo qualche pagina”, non lo leggo tutto stasera. Un po’ per volta. E poi ho delle cose da sistemare in casa.
    Un’ora e 100 pagine dopo eccomi qui. Piena di emozioni. Sorrisi. Storie di amici e famiglie che un po’ assomigliano alle tue. Un pochino di magone. Risate, molte più di quelle che ti aspetti.
    Ci sto mettendo di più a scrivere questa recensione che a leggere il libro, da quanto ti prende e ti porta “dentro” mentre neanche te ne accorgi 🙂
    Ecco: è un libro di emozioni. Lo puoi leggere con tranquillità, con ironia o con intensità, con il sorriso, con un fazzoletto in mano o ridacchiando come un cretino in metropolitana. Parole, musica e silenzi che si intrecciano nel ritratto di un mondo e della sua protagonista, che te lo racconta come se non avesse mai fatto altro da tutta la vita! (Alla faccia del “libro di esordio”!)
    Llibro consigliatissimo, non vedo l’ora di leggere di più di Sara!

  2. (proprietario verificato)

    Libro meraviglioso , scritto da una mano fragile all’apparenza, ma In realtà coraggiosa E tenace. Sara ti prende per mano per tutto il tempo , senza staccarla mai. Ti porta nel suo mondo fatto di ricordi malinconici alternati a dettagli divertenti, come le cene di Natale con ”zia Roberta sott’olio”. Fare questo viaggio è stata una delle esperienze più belle che potessi fare. Aspetto con ansia un nuovo racconto perchè ho come la sensazione che questa ragazza abbia un mondo dentro di se che il mondo debba conoscere .

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Sara Calzavacca
nata a Bollate nel 1983, è cresciuta col sogno di vivere circondata da musica e libri. Nel 2013 ha pubblicato il suo primo album di inediti Sono indecisa, nel 2017 ha iniziato il suo amato lavoro di coordinatrice nella Scuola di Musica MC di Milano e dal 2019 scrive per il settimanale Settegiorni. Il vizio dell’infelicità è il suo romanzo d’esordio, con il quale racconta la propria storia.
Sara Calzavacca on InstagramSara Calzavacca on Youtube
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