Due linee rosa.
Due linee rosa significano incinta.
Com’era possibile? Dovevo aver visto male, era arrivata l’ora di mettermi gli occhiali? O forse era la luce del bagno che rendeva tutto più sfocato. Quella lampadina a led andava sostituita. Non potevo essere incinta.
Era il momento sbagliato, sbagliatissimo.
Come cavolo era potuto succedere? Fino a pochi giorni prima ero all’evento dell’anno di Isabel Marant, fasciata nei miei pantaloni caramello, con quegli stiletti nuovi così carini (un regalo di Anna quando avevo salutato lei e Milano).
Ero a Parigi.
Avevo quasi trent’anni.
Ero innamorata di un uomo fantasticoe avevo finalmente un lavoro a cui ambivo da tempo. Ero passata da uno stage stressante in un’agenzia di marketing milanese a questo. Allo scintillio di Parigi.
Certo quell’ombra sul cuore c’era ancora e non se ne sarebbe mai andata, il dolore non scompare in un bicchiere di champagne.Lo champagne.
Quella mattina ero svenuta al lavorosicuramenteper lo stress e per il troppo champagne della sera prima; non mi era sembrato il caso di preoccuparmi.
Ma una volta dal medico, su insistenza della mia collega, avevo sobbalzato alla domanda “data dell’ultimo ciclo mestruale?”. Con fare sbrigativo il dottore mi aveva liquidata prescrivendomi degli integratori vitaminici e invitandomi ad acquistare, quanto prima, un test di gravidanza. Ero uscita dallo studio in rue de Rivoli e mi ero riversata tra la folla in uno stato confusionale. Avevo urtato un signore con la mia borsa, sempre troppo ingombrante, quella nera dai manici larghi. “Pardonne-moi” avevo bofonchiato, mentre nella mia testa affiorava una sola domanda: Quando mi è venuto l’ultimo ciclo?
Mi sforzavo di ricordare, ma nel superare una farmacia ero tornata sui miei passi titubante. Esitando prima di entrare mi ero concentrata per bene per ricordare qualcosa.
Era stato un mese prima, ne ero certa, in occasione del week-end a Giverny.
Mi ricordavo di essere stata furiosa che il ciclo mi fosse arrivato quel giorno perché avevo in programma di indossare il vestito bianco in sangallo. Bingo!
Era semplicemente un ritardo dovuto alla stanchezza e allo champagne.
Ero entrata in farmacia con fare spavaldo, sorridendo e chiedendo gli integratori e nient’altro. Sbuffando per quel falso allarme che mi aveva attanagliata per una buona mezz’ora, mi ero fermata a comprare anche un burroso croissant, me lo meritavo. Avevo inforcato gli occhiali da sole e marciato in mezzo alla folla sul marciapiede con un sorriso a trentadue denti, tenendo stretta la mia borsa per non urtare qualcun altro.
Ma una volta a casa, prendendo una Coca Zero dal frigo, avevo buttato l’occhio sul calendario. Era ancora posizionato su maggio, ci eravamo dimenticati di spostarlo anche se era già il dieci giugno.
Fu un attimo.
Avevo voltato pagina all’indietro in un secondo ed eccolo lì.
Il 12 aprile cerchiato di rosso, con sopra scarabocchiato a penna “week-end a Giverny”.
Merda.
Erano passati quasi due mesi dall’ultimo ciclo.
Merda.
Merda.
Ero corsa giù dalle scale schivando il cane del 4B che stazionava sul pianerottolo –ma perché lo chiudevano sempre fuori? –e avevo acquistato ben cinque test di gravidanza nella piccola farmacia di fronte a casa.
Cinque, non si sa mai.
Grata che lui non fosse ancora rientrato a casa.
Non posso essere incinta, mi ripetevo salendo i gradini a due a due quasi senza fiato.
Ma da tutti e quattro i test erano saltate fuori due linee rosa.
Il quinto mi era caduto dalle mani precipitando nel water.
Avevo lasciato Milano da poco meno di sei mesi per seguire l’amore, senza l’appoggio di mia madre, come sempre, e con qualche remora da parte delle amiche.
E ora, in quell’anonimo bilocale parigino, mi girava la testa.
Incinta!
Non potevo neanche parlarne con Nicolas, testa color caffè!
Tutta colpa di quegli occhi azzurri.
E di quelle mani. Mi avevano fatta capitolare in un attimo, mi avevano stregata e messa incinta.
leggendoelibrando
“A volte Parigi e l’amore non bastano” non è per nulla un romanzo rosa “leggero” o “spensierato”. E’ piuttosto un monito, un invito a riflettere su chi siamo e su cosa vogliamo concretamente per noi e la nostra vita. Un consiglio a farsi coraggio per affrontare i momenti più duri per vivere con gioia le piccole cose.
La scrittura di Monica, @iviaggidimonique , così come il racconto, è realistica e parla di un quotidiano che forse appartiene anche a noi. Niente giri di parole: la vita è questa, con le belle e le brutte cose. Ringrazio tanto per gli insegnamenti che Beth mi ha dato, ma soprattutto il piccolo Nicolas con le sue perle di saggezza.
Un libro che vi consiglio, per conoscere Beth e Monica, per vivere la loro vita, le loro batoste e anche le loro rivincite.
Elisa Lerda (proprietario verificato)
Sin dalle prime righe vieni catapultato nella vita di questa ragazza a Parigi, una ragazza qualunque con tanti sogni. Un mix tra le protagoniste dei libri di Madeleine Wickham e Andy del film “Il diavolo veste Prada”. Una pagina tira l’altra, difficile non diventarne dipendenti!