È ormai un cult il video, datato 1985, nel quale Andy Warhol diventava testimonial delle potenzialità dell’home computing e, con esso, di una rivoluzione del rapporto uomo-macchina che segnerà gli anni successivi e che aprirà le porte alla diffusione della rete globale.
Da allora di strada ne è stata fatta moltissima e gli ultimi anni hanno visto la tecnologia, il digitale e le intelligenze artificiali trasformare radicalmente le nostre abitudini, il nostro rapporto con il tempo e con gli spazi nei quali viviamo, persino il modo in cui ci relazioniamo con i nostri affetti.
Il cambiamento è veloce, esponenziale, travolgente quasi in ogni settore.
Tuttavia il mondo culturale ha fatto sinora fatica a trarre pieno vantaggio da queste trasformazioni. Il recente Innovation Summit della Fiera del libro di Francoforte ha evidenziato come esista una distanza crescente tra le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e quanto queste potenzialità siano state comprese e impiegate nella crescita del settore culturale e artistico.
Si tratta di un paradosso, perché il mondo della cultura e delle lettere ha immaginato e raccontato le possibilità dell’uomo molto prima che algoritmi e calcolatori le rendessero praticabili nel quotidiano. È un paradosso che nasconde delle gigantesche possibilità e una sfida affascinante: ripensare il rapporto tra cultura e tecnologia.
È una sfida che da un lato investe le necessità e le ambizioni degli addetti ai lavori, almeno per quanto concerne la produzione, la divulgazione e la fruizione dei contenuti artistici e culturali, dall’altro lato riguarda l’idea stessa di società che immaginiamo per il presente e per il futuro.
Una cultura orfana di innovazione, infatti, si presta a essere la precondizione di un’innovazione senza cultura.
L’innovazione culturale non può e non deve limitarsi ad applicare le innovazioni tecnologiche e adattarle ai processi produttivi e distributivi dei prodotti (e delle esperienze) culturali. Il punto centrale del discorso è che ogni innovazione, in qualsiasi settore e in qualsiasi ambito, porta con sé una trasformazione della cultura e del vivere quotidiano della nostra società. Nella nostra visione, gli attori del settore culturale non possono sottrarsi a partecipare attivamente a queste trasformazioni.
È un tema che va ribaltato per comprenderne la portata.
Non si tratta solo di mettere le tecnicità al servizio della cultura nelle sue diverse forme e manifestazioni, colmando così forse un divario, ma lasciando, nei fatti, il percorso di innovazione della cultura e quello di innovazione tout court su binari paralleli.
La reale potenzialità è costruire dei percorsi di innovazione dei quali la cultura sia parte attiva e integrante, con la sua capacità di abbattere barriere, costruire dialoghi, ridisegnare il possibile. Un esempio su tutti, che ci è particolarmente caro, è il crowdfunding. Attraverso le opportunità offerte dalla rete si è delineata una nuova modalità di progettare, proporre e coinvolgere. All’interno e naturalmente anche all’esterno dell’ambito culturale.
È un esempio che abbiamo scelto perché racconta l’inizio della nostra storia e quello in cui crediamo, un’innovazione culturale che risponde alla necessità di mettere la cultura al centro delle trasformazioni tecnologiche e, al contempo, le trasformazioni tecnologiche al servizio della creatività umana.
Per queste ragioni chiediamo agli attori dell’innovazione di investire nell’innovazione culturale le loro risorse: di tempo, di sapere, economiche e infrastrutturali. E agli attori della cultura di spendere in questo processo la loro fiducia e la loro propositività.
È una sfida sulla quale siamo pronti a scommettere. E voi?