Strano mondo, quello dell’editoria.
Si pagano anticipi da capogiro agli scrittori che fanno tendenza, che vanno in televisione, che hanno un seguito e che, di conseguenza, garantiscono un certo venduto. Per non parlare degli anticipi pagati agli scrittori stranieri, per i quali capita di assistere a vere e proprie “aste”.
Poi gli editori si lamentano che difficilmente rientrano, attraverso le vendite, degli anticipi versati.
Ma perché, allora, non si prova a investire sugli esordienti, che assai raramente pretendono royalties in anticipo e che sarebbero ben felici di pubblicare con un editore serio, senza dover pagare un euro e senza dover prendere in considerazione l’auto pubblicazione?
È piuttosto semplice. A conti fatti gli esordienti costano molto. Costa sceglierli tra le migliaia di proposte che arrivano agli editori. Costa studiare una strategia per farli arrivare al pubblico. E il risultato, in termini di vendite, è molto più che incerto. Quasi sempre è un bagno di sangue.
Eppure, una volta, si faceva: si sceglieva un aspirante autore di belle speranze e lo si metteva in quel complesso ascensore che è la macchina di promozione di un libro. Perché si è smesso?
Anche in questo caso la risposta non è particolarmente complessa. Prima – e quando diciamo prima intendiamo fino a una decina di anni fa – era sufficiente convincere due-tre critici della bontà della proposta editoriale, della freschezza dell’esordio, del potenziale della (più o meno) giovane penna. In molti casi i critici erano coinvolti, almeno informalmente, anche nella scelta dell’esordiente su cui puntare. Una buona recensione su un quotidiano significava ordini da parte dei librai, altre recensioni, magari un passaggio in radio o in televisione. In altre parole: vendite.
Era un lavoro duro: di reputazione, di credibilità, di relazioni costruite dall’editore negli anni. Un lavoro duro che, oggi, difficilmente paga. Le testate giornalistiche sono diminuite drasticamente. Con loro le edicole e, naturalmente, i lettori dei quotidiani. Sarà colpa di Internet, sarà segno dei tempi, fatto sta che ottenere una recensione su un prestigioso quotidiano nazionale è complesso quanto (e più) di vent’anni fa. E non influenza quasi più le vendite.
Così le nuove proposte vengono scelte per la notorietà degli autori in altri campi, per i “mi piace” su Facebook, per i dati Excel di una precedente pubblicazione.
Quanti “mi piace”? Francesco Gungui su Wired stabilisce una soglia di ingresso che riteniamo realistica “dovete avere complessivamente non meno di 20.000 fan e i vostri post devono ottenere una media di 500 mi piace.”
E quindi, che strade restano all’esordiente che abbia scritto un bel libro?
La sfida in solitaria – ovvero il self-publishing, che molto spesso costringe al votAntonio, allo spam nei gruppi Facebook, a tampinare amici e parenti.
L’illusione di una squadra – ovvero l’editoria a pagamento, che promette tutto… fino a che non avrete fatto il bonifico.
Oppure bookabook. Che sugli esordienti ha deciso di investire, andando in controtendenza.
La nostra scommessa non consiste nel confezionare il libro, metterlo a catalogo e sperare, attraverso chissà quali alchimie e carambole, che incontri un pubblico.
Il nostro investimento va nella direzione opposta: scegliere dei manoscritti qualitativamente validi e provare a costruirgli attorno un pubblico. Perché sappiamo bene che, senza un forte passaparola, non esiste ufficio stampa, ufficio marketing, ufficio propaganda & agitazione capace di far circolare il libro.
Ecco come. Si tratta di predisporre una strategia mirata (cosa che facciamo noi) per radunare un primo zoccolo duro di lettori a cui sottoporre l’anteprima (cosa che fa l’autore). Da qui si passa, attraverso il passaparola, ai loro contatti, e ai contatti dei contatti, cioè alle persone a cui lo zoccolo duro di lettori consiglia il libro (cosa che fanno i lettori).
La strategia in gergo si chiama campaign strategy e, come tutti gli altri servizi, è fornita gratuitamente.
Più l’esperienza è coinvolgente, più i lettori si sentiranno parte del progetto e saranno incentivati a consigliare e a condividere la notizia della campagna. In questo una buona pagina Facebook aiuta (anche se non è essenziale). E nonostante si parli di lettere, una grafica valida e accattivante rende credibili (alla realizzazione del materiale grafico ci pensiamo noi).
E dopo la campagna? Dopo la campagna inizia il lavoro editoriale vero e proprio, editing, revisione, progetto grafico. E poi stampa e distribuzione con Messaggerie Libri. La promozione con il nostro ufficio marketing. Fino all’ufficio stampa e la promozione in libreria con Emme Promozione.
Senza contare che il pubblico aggregato durante la campagna avrà letto il vostro libro in anteprima e questo, al lancio, può tradursi in recensioni su Amazon (e non solo), in una buona affluenza alle presentazioni, in condivisioni sui social network. Insomma, in altro passaparola.
Funziona per tutti? No, il pubblico può essere un giudice molto severo. E, in ogni caso, può non fare per voi. Se il vostro obiettivo è solo pubblicare per la soddisfazione di farlo, ma tutto sommato della circolazione del vostro libro vi importa relativamente, ci sono soluzioni più immediate.
Se invece volete costruire con noi una comunità di lettori e dare un pubblico al vostro libro, non vi resta che candidarvi (anzi, candidare il vostro manoscritto) alla nostra selezione.