TI PORTO UN PO’ CON ME
Oggi bookabook ospita un’esperienza particolare e a nostro avviso molto interessante come “Ti porto un po’ con me”.
Circa un anno fa stavo passeggiando per le vie del centro e ho notato una coppia di ragazzi su una panchina, molto concentrati ognuno sul proprio cellulare. Nessuno sguardo, niente scambio di parole. Vicino a loro una ragazza universitaria si guardava intorno nell’attesa di qualcosa, poco dopo, infatti, arrivò un suo coetaneo. Si scambiarono un bacio tenero e imbarazzato e poi lui fece un gesto molto carino. Le passò tra le mani un foglio. Quel passaggio innocente, puro e diretto, invisibile agli occhi dell’altra coppia che mai alzava lo sguardo, mi fece parecchio pensare. Da amante dei libri e del cinema, spesso faccio evadere l’immaginazione e ho pensato a quanto fosse bello e affascinante scrivere per qualcuno, anche solo per il piacere di farlo, per poi vagare per le vie nell’attesa di donare le proprie parole. Da sempre carta e penna mi hanno rapita, ma anch’io, come credo tutti quanti, ho perso un po’ il contatto diretto con alcune cose. Quel pomeriggio, quella scena, mi ha fatto tornare la voglia della semplicità di alcuni gesti. Il mondo social sta interiorizzando in noi la convinzione dell’irreale per il reale, crediamo di prenderci cura di un’idea, di un’emozione o di una persona, anche solo condividendo un pensiero. In realtà abbiamo fatto molto poco se non nulla.
Questo concetto l’ho concretizzato nei mesi successivi, idealizzando, senza capire nemmeno se poi sarebbe servito a qualcosa, il progetto “Ti porto un po’ con me”. Con molta leggerezza, nei social concediamo di fare entrare nella nostra privacy gli altri e, con altrettanta leggerezza, ricambiamo questa concessione… Se l’incrocio delle persone, e quindi del vissuto, avvenisse in concreto, io credo che anche solo un respiro in più, prima di concedersi, lo faremmo. “Ti porto un po’ con me”, simbolicamente, è un modo di concretizzare quel respiro. Tutto qui. Come?
Il 14 febbraio sono partiti dalle mie mani tre libri bianchi, vuoti, e sono poi passati nelle mani di altre tre persone. Sono in viaggio da circa un paio di mesi e ogni tre o quattro giorni, dopo che chi ne è in possesso ne ha riempito qualche pagina scrivendoci, disegnandoci, incollandoci oggetti o altro, vengono consegnati personalmente a qualcun altro. Occhi negli occhi, incontrandosi, raccontandosi. Questo permette non solo un contatto umano diretto, ma anche la voglia di cercare una persona per poi vederla, allontanando un po’ la pigrizia mentale e fisica che sta creando il mondo social. Il viaggio di questi tre libri viene monitorato sulla pagina Facebook “Ti porto un po’ con me”, ne vengono pubblicati i passaggi, ma anche le foto e pensieri dei nostri viaggiatori durante i giorni in cui si portano con loro le esperienze degli altri… Sì perché questa iniziativa è anche questo: portarsi un po’ con sé gli altri, custodirli e prendersi cura dei loro pensieri, delle loro confessioni e leggerli nei propri ritagli di tempo, in metro, la sera prima di dormire o in una pausa pranzo. I libri, essendo tre, sono stati differenziati da tre parole che per me rappresentano caratteristiche prioritarie dei rapporti umani: accortezza, gratitudine, preservare.
Tre vocaboli semplici, ma fondamentali. Non c’è gesto più nobile dell’avere accortezza nel porsi, nel chiedere, nell’amare, nell’attendere o nell’andare oltre. Avere accortezza significa soffermarsi un attimo prima di fare istintivamente qualsiasi cosa. Il dizionario la definisce -e non a caso è un sostantivo femminile- previdente avvedutezza nell’agire.
Provare gratitudine è segno di altrettanto rispetto, spesso anche segno di coraggio, perché ringraziare, e quindi riconoscere che dobbiamo qualcosa all’altro, richiede fare un passo indietro e dare spazio a chi abbiamo di fronte.
Due caratteristiche da preservare, da non lasciar andare via.
Manca ancora un mese e poi andrò a riprendermi i tre libri. Partiti da Brescia, ognuno ha fatto un percorso diverso, ma tutti hanno preso il volo per altre destinazioni. Tantissime le città in cui sono passati: Venezia, Perugia, Bologna, Firenze, Reggio Emilia, Napoli. Hanno anche soggiornato all’estero, a Madrid e a Marrakech. Tantissimi incroci di vita tra conoscenti e sconosciuti, tante le pagine già riempite di pensieri e parole, ma non solo. Non avevo e non ho nessuna aspettativa da tutto ciò, ma mi gratifica molto che sia stata apprezzata l’idea e il “dietro le quinte” nella gestione del progetto mi ha permesso di percepire quanto sia stato toccante per la gente avere quei libri per pochi giorni. Impatto molto diverso dall’essere presenti sui social. Mette in discussione, fa riflettere, fa sognare, alle volte si trova il coraggio di scrivere e alle volte non si tira fuori abbastanza. Piacevole, ancora di più, la sensazione comune nel dispiacere di lasciarlo in altre mani. L’ho provata io stessa, quando ho consegnato un pezzetto di me ad altri. Finito il loro viaggio di tre mesi, a fine maggio si presenterà il progetto tirandone le conclusioni presso la libreria Serra Tarantola a Brescia. Saranno ovviamente invitate tutte le persone che hanno avuto la possibilità di partecipare, si leggerà qualche pezzo tratto dai libri, che rimarranno in libreria per qualche mese, dando a tutti la possibilità di essere sfogliati… E se qualcuno fosse dispiaciuto per non avere avuto l’occasione di ricevere uno dei tre libri, ne lascerò un quarto bianco dove poter tracciare le vostre emozioni, mentre vi berrete un caffè tra una pagina e l’altra. Indipendentemente da quel che ne sarà, credo per sempre, vi porterò poi un po’ con me.
“Esiste un solo vero lusso, ed è quello dei rapporti umani” (Antoine de Saint-Exupéry)