Sono arrivata prima di Rudi a letto e non è una novità, di solito si addormenta sul divano con la tivù accesa.
Indosso il pigiama e sotto ho un completo di pizzo nuovo di zecca.
Non è impegnativo, è giusto un po’ frivolo, ma dove ci vado io con una roba del genere?
Per acquistarlo sono andata dove la commessa mi conosce.
‘Ciao.’ Mi sono avvicinata a lei con aria furtiva, per fortuna in negozio c’era gente. ‘Ti posso chiedere se puoi aiutarmi a scegliere un completo diverso da quelli che compro di solito?’
Non ha battuto ciglio e con lo stesso sorriso con cui mi aveva salutato mi ha risposto:
Non mi ha proposto niente di troppo audace, anche perché di troppo audace non ne vendono, ma conoscendo il soggetto ha tirato fuori dal cassetto due o tre mutande basse e brasiliane, che in tempi diversi non avrei neanche tenuto in considerazione. Il modello che mi stava suggerendo era quello, dovevo solo scegliere un colore.
Il reggiseno l’ho scelto dopo. Dopo la mutanda è stato facile trovare quello più adatto.
Sono uscita dal negozio soddisfatta.
Questa sera, davanti allo specchio, è andata diversamente.
Ora nel letto va addirittura peggio.
La mutanda è scomodissima. Mi sparisce tra le natiche e mette in risalto quel filo cedevole e già spiacevole da esibire in spiaggia, il giro vita. Un tempo ero un’acciuga, quasi trasparente, sono stata secca per decenni. Clara dice che bestemmio ogni volta che esprimo giudizi sul mio corpo ‘ché mangi di continuo e non metti su un etto’, mi dice. E come no? Guarda quanti etti stasera davanti allo specchio che mi sono ritrovata addosso!
Ho su anche il reggiseno, che mi tira, mi stringe, appena potrò me lo devo sfilare, mica ci posso dormire!
Davanti allo specchio non mi stava male e non mi faceva male, adesso sarà la posizione… e sempre davanti a quello specchio ho pensato che se mai quest’estate andremo al mare mi comprerò un costume intero oppure un burqa.
Faccio finta di leggere ma non sono concentrata e mi nascondo dietro agli occhiali da vista e uno sguardo fisso sulle pagine.
C’è Rudi in camera, dai movimenti sento quello che fa: si spoglia, trascina le ciabatte, esce, va in bagno, piscia, silenzio, tira lo sciacquone, apre il rubinetto, lava i denti, e le mani? Lascio perdere, avrà anche lasciato la tavoletta alzata.
Torna in camera, sbircio, si corica in mutande e t-shirt di Spiderman.
Se non ci fosse Rudi andrei in vacanza al mare da sola con i ragazzi?
E i ragazzi verrebbero con me? Sono adolescenti, insofferenti, malinconici, misteriosi, sono quasi peggio di Rudi, almeno Rudi collabora in casa. Loro e le bestie che nutro da mane a sera sanno solo approfittarsi di me. Le bestie sono peggio dei figli. A parte il pesce, dal quale non saprei cosa pretendere, quelle altre due, sono due maremmane i nostri cani, fanno le sdolcinate per puro interesse.
Per il prossimo che mi parlerà della bontà infinita degli animali domestici ho pronta una risposta al vetriolo.
Ma insomma, potrei vivere senza Rudi?
Se sparisse io dipenderei da chiunque per le riparazioni più stupide.
Rudi non fa proprio tutto, molto sì però. Io consumerei lo stipendio per permettere alla casa di sopravvivere.
Rudi, sdraiato nel letto, gioca col cellulare, guarda dei video cretini, ride.
Non si è accorto che non ho mai girato pagina e che per sforzarmi di restare su quelle due facciate sto avendo le allucinazioni.
Non sa cosa c’è sotto questo pigiama di cotone. Se lo scoprisse so che mi salterebbe sopra, minimo! Gli uomini se devono dimostrare quanto sono virili o chi comanda, il mal di testa non se lo fanno certo venire. Noi, tutte noi credo, il bonus di no, stasera no, lo possiamo giocare.
Non sempre e soprattutto non per troppo tempo o poi il non fare diventa cronico.
Se nessuno ne parla diventa pericoloso.
Sarebbe ora di farsi avanti. E se ci prendesse gusto?
Dovrei fingere che ho voglia di fare l’amore stasera, ma che ho comprato mutande e reggiseno di pizzo blu solo per l’occasione come si spiega?
Come si fa a spiegarlo a un uomo? Perché solo una sera? Già, perché? Visto tutto ‘sto teatrino per proporti penso che tu abbia voglia. Se t’è venuta voglia, magari tra una settimana ti ritorna, potrebbe dirmi.
No, non glielo posso spiegare.
Ha spento la luce. Mi dice ‘Buonanotte Ali’ e si mette su un fianco.
Aspetto qualche istante, attendo che si addormenti.
Adagio sul comodino il libro già chiuso, spengo la luce, sollevo il busto da supina e con le mani traffico sulla schiena per slacciare il reggiseno.
Riesco ad estrarlo dal pigiama facendo pianissimo, poi lo lancio sotto al letto.
Rudi non lo deve vedere.
Rudi
Ero uscito in bici quella mattina. Avevo appuntamento con altri due a un bar, il tempo di un caffè e chiacchiere sulle serie tivù che seguiamo.
È il nostro punto di partenza per salire su in collina.
Quando sono tornato ero solo in casa.
Alice sarà stata a far compere, i figli erano a scuola.
I cani, quelli ci sono sempre, mi sono corsi incontro e saltavano e chiedevano… Sono due femmine, due maremmane prese al canile da cucciole. Gli avevano già dato i nomi: Robbie e Williams. Che poi gliel’ho anche chiesto perché e la volontaria mi ha risposto che alle cucciolate davano nomi di cantanti o di band.
I nostri figli non conoscevano Robbie Williams, gli abbiamo fatto vedere dei video su YouTube. L’hanno trovato divertente e i nomi sono rimasti.
Non ho mai capito chi è Robbie e chi è Williams.
Gli ho allungato due biscotti e mi sono preso qualcosa dalla dispensa per me, avevo fame.
Mangio senza quasi guardare cosa butto giù. Certe volte tiro fuori merendine strane e insapori, che mi chiedo chi tra moglie e figli possa desiderare di mangiare cibo del genere.
Io invece desideravo Mara.
Sotto la doccia mi è venuta voglia di lei, incontenibile, la dovevo trovare.
Dopo la doccia sono rimasto in accappatoio e mi sono seduto sul letto con il cellulare.
Trovarla è stata una questione di pochi minuti. Avevo memorizzato bene.
Sono Rudi, ciao.
Non ho aggiunto altro, ormai mi ero buttato. E poi come un ebete fissavo la chat.
Ci sarebbe voluto del tempo prima che vedesse il mio messaggio, non ero ancora un suo contatto.
Poteva essere dall’altra parte del mondo, magari dormiva.
Così mi sono alzato dal letto e sono andato in bagno ad asciugare i capelli.
Deve avermi risposto mentre il phon era acceso, quando sono tornato in camera come prima cosa ho guardato se mi aveva risposto e lo aveva fatto!
Incredibile, stentavo a crederlo… Non perché pensavo che non avesse in mente di rispondermi, ma ero stato intercettato al volo.
Ciaooooo!!
Ti va un altro caffè? Ho chiesto.
No.
Ci sono restato male, e allora come avrei continuato?
Ci ha pensato lei: Al bar non usano la moka, io preferisco il caffè della moka.
Silenzio.
Mi stava invitando?
Anch’io. Ho risposto.
Mara non si è fatta attendere e ha scritto: Vuoi passare da me questo pomeriggio?
Oggi pomeriggio… porca miseria, avevo impegni?
Ho sfogliato velocemente l’agenda mentale e non ho trovato niente, era vuota.
Dove abiti?
Mica me la faceva scappare.
Mara mi ha inviato la posizione.
Ero completamente annebbiato e timoroso che mi venisse in mente qualcosa che sicuramente stavo dimenticando.
Mi sono vestito scegliendo a caso la prima tuta che ho trovato nei cassetti.
Non era il caso di presentarsi elegante. Se fossi sceso a pranzo elegante avrei destato sospetti. No, la tuta era perfetta. Per le mutande ci ho pensato meglio. Le ho prese nere. Ho controllato la barba allo specchio, ci ho passato la mano, era leggermente ispida, mi stava bene.
Ad esami terminati ho sentito rientrare l’esercito a casa.
Ho solo due figli, ma sentirli rincasare da scuola dal piano di sopra pare che siano almeno cinque o sei. Tornano sempre carichi, dispongono di una fonte energetica inesauribile. Ascolto le loro voci una sopra l’altra, gridano, lanciano gli zaini sul divano, tirano le scarpe sotto la scala, giocano coi cani.
Li aveva accompagnati a casa Alice. Gridava anche lei, la sentivo mentre scendevo le scale.
‘Babbo!’ Mia figlia, la principessa di casa, mi è corsa incontro e mi ha abbracciato con slancio.
‘Rudi! Toglimi di torno le bestie se no oggi non si pranza.’ Alice.
‘Babbo, oggi ho avuto il compito di matematica.’ Mio figlio, tra la richiesta della madre e il mio tentativo di allontanare i cani.
‘E come pensi che sia andata?’
‘Chissà com’è andata!’ Ha gridato Alice mentre accendeva il gas sotto la pentola dell’acqua per la pasta.
‘Fallo dire a lui!’ E l’ho guardato negli occhi.
‘Non era troppo difficile, forse ce l’ho fatta.’
Me lo sono stretto forte, il mio ometto. È già cambiato tanto in questi due anni.
Sono tornato a Mara col pensiero. Che ore erano? Ho guardato l’orologio a muro.
‘Robbie! Williams! Fuori, dai!.. Su! Fuori! In giardino!’
E ho richiuso la porta finestra.
‘A tavola!!’
Alice ha servito spaghetti col pesce quel giorno. Poi spiedini di pesce.
E quando è venuto il momento di uscire ho pensato di sgattaiolare come un ladro, ma non avrebbe funzionato perché Alice poteva telefonarmi e chiedermi dove fossi o insistere, fare venti chiamate senza risposta perché l’avrei staccato e sarebbe stato un bel dilemma trovare una scusa dopo.
‘Mi vedo con Piero’, le ho detto mentre prendevo le chiavi di casa e me le infilavo in tasca.
Lei era sul divano intenta a seguire una puntata di una serie tivù, perciò era particolarmente assente e mi è parsa pure infastidita.
Ma dovevo farle arrivare il messaggio.
Mentre salivo in macchina ho realizzato che mi era andata bene sul serio.
Ho tirato un sospiro di sollievo, ne ho tirati diversi, avevo l’adrenalina a mille.
Sono arrivato in centro, Mara abita nella ztl.
Ho lasciato la macchina fuori dall’area e ho percorso un tratto a piedi.
Da casa mia al centro non c’è molta strada e avrei fatto prima in bicicletta, risparmiandomi il tempo perso a cercare un parcheggio. Ma non volevo farmi una sudata perché non l’avrei presa con calma.
Presentarsi in maniera civile sarebbe stato più apprezzato, per questo ho optato per l’auto.
Ho individuato il suo civico. È un palazzo che avrà più di cent’anni e non è di recente ristrutturazione. Ospita diversi studi medici, uno psicologo, un centro yoga.
Ho trovato il campanello di Mara.
‘Chi è?’ La sua voce.
‘Sono Rudi.’
‘Terzo piano.’
E il portone si è aperto.
L’androne mi ha accolto con una sensazione di freddo, è fresco anche d’estate.
Dovevo farmi tre piani di scale e c’è l’ascensore, che ho evitato.
Nonostante la preparazione atletica sono arrivato a destinazione col fiatone.
La porta era socchiusa, ma ho dovuto attendere per recuperare il respiro.
‘Permesso…’, ho esordito con la consueta voce cantilenante di chi si annuncia in casa altrui.
Ho spalancato piano la porta e me la sono trovata lì.
Indossava un kimono corto che le lasciava parzialmente scoperto il seno.
Mara è una donna fatta di curve ben messe e pur non essendo molto alta è proporzionata.
Sono ovviamente considerazioni che non ho fatto sul momento, le ho fatte in seguito, nei momenti più scarichi delle giornate senza Mara ma già col desiderio forte di rivederla.
‘Ti va subito il caffè?’
Mani sui fianchi, testa piegata di lato, era un chiaro invito a rifiutare il caffè.
‘Ce lo prendiamo dopo.’
Mi sono avvicinato e l’ho afferrata per le spalle, l’ho attirata a me.
Abbiamo chiuso gli occhi, ci siamo baciati, abbiamo iniziato a morderci e siamo finiti in camera da letto.
A quasi due anni di distanza da quella prima volta posso dire di conoscere bene la natura di Mara. L’istinto e la passione sono caratteristiche ben evidenti in lei quando stiamo insieme.
Stare insieme per noi significa scopare.
Non condividiamo altro.
Non usciamo insieme, non mi fermo a mangiare da lei, non parliamo di me perché non penso che le interessi sapere cosa faccio a casa o cosa fanno i miei figli.
Le nostre conversazioni si basano esclusivamente sui viaggi che ha fatto e che farà.
Restare in superficie non mi da la possibilità di sapere altro di lei, magari perché non voglio.
Sono diventato geloso nel tempo. Sono geloso di Mara. Non voglio conoscere i suoi pensieri, la sua storia, che fa senza di me. Potrei impazzire.
La gelosia si è ingigantita in verità in questi anni, ormai faccio come i cani antidroga, spalanco le ante dell’armadio per scovare tracce di rivale. Cerco indumenti maschili. Mutande come le mie nei cassetti.
La zona che conosco meglio è il bagno. Ci vado per pisciare e qualche volta a farmi una doccia. Cioè conosco il contenuto dell’armadietto dei medicinali. Ci ho messo mesi a leggere i nomi di tutti quei flaconcini e scatole. Ho capito che le piace l’omeopatia. Ma non ne posso parlare o scoprirebbe che ho ficcanasato.
A oggi non ho trovato nulla. Rivali non ce ne sono.
Il caffè con la moka è un nostro rito prima che esca da casa sua.
‘Pronto!’
Lo sento prima che mi chiami, ci vuole poco perché l’aroma si diffonda ovunque.
Raccontami dell’Oman, del Canada, delle Svalbard, di come si stava all’equatore, della tensione tra i paesi islamici e l’occidente, del caffè che bevi in giro per il mondo, ma non dirmi mai nemmeno per scherzo che hai conosciuto un altro.
Non saprà mai cosa penso quando viaggiamo per il mondo attraverso i suoi resoconti, mentre sorseggiamo il caffè.
Finito il caffè e terminato il racconto ci baciamo un po’.
Me ne vado sempre in fretta, in parte me lo chiede lei. E va bene così.
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