Giocare, sbucciarsi le ginocchia, stare insieme sono aspetti che fanno parte della mia generazione e che ci hanno insegnato quasi tutto. Abbiamo così imparato che sognare è un’arte bellissima e che bisogna coltivarla per respirare sempre aria pulita; che un ginocchio sbucciato spinge a dare il meglio in un’azione; che lo stare insieme e confrontarsi con altre personalità forgia il carattere.
In questo libro voglio parlare del calcio che vorrei: non per me perché l’ho già vissuto, ma per i ragazzi, quelli con cui ogni giorno lavoro.
La mia idea è questa: creare un concerto di emozioni che suscitino qualcosa, in grado di far tornare i bambini per strada a giocare, ad arrampicarsi a farsi male. In fondo il calcio è un divertimento, un piccolo attimo di felicità nel caos, un fulmine durante un temporale estivo. è qualcosa che mi ha stregato e da cui, da troppo, dipendo.
Non conosco mezzo di aggregazione più efficace del calcio, con tutti i pregi e i difetti che lo caratterizzano, certo. Tuttavia penso abbia una marcia in più perché è la metafora più adatta della vita. Questo sport è, metaforicamente, un luogo. Puoi viverci, puoi conoscere altre persone, ma soprattutto puoi imparare.
Il mio calcio, quello che vorrei, è questo: pulito, genuino, carico di valori. Dove la vittoria non è l’unico pensiero, ma si guarda anche alla sconfitta e agli insegnamenti che essa può dare. Dove l’attenzione al gruppo e al singolo giocatore sono importanti allo stesso modo, perché i campioni si costruiscono dal basso.
“Il lavoro di squadra è la capacità di lavorare insieme verso una visione comune. L’abilità di dirigere ogni realizzazione individuale verso un obiettivo organizzato. è il carburante che permette a persone comuni di ottenere risultati non comuni.”
Mi chiamo Luca Diddi e sono nato il 27 luglio 1978 a Firenze, culla di poeti e pittori. La mia strada però ha preso da subito un’altra direzione.
Casa mia è Montemurlo, piccolo paese in provincia di Prato. Qui ho conosciuto il mio più grande amico: il pallone, con cui ho stabilito da subito un rapporto simbiotico.
La mia infanzia è stata scandita da porte realizzate con qualsiasi cosa e da partite che solo il buio poteva interrompere. Poi sono arrivate le prime esperienze, quindi le vittorie e le sconfitte, una in particolare: un infortunio che ha segnato il mio prematuro ritiro dal campo. Il seguente tentativo di ripresa non è stato dei migliori: i numerosi fastidi mi hanno convinto a cambiare strada, ma non ambito perché la passione era ancora troppo forte.
Così è arrivato il lavoro d’assistente e poi quello da allenatore. Un’esperienza che si è dimostrata fin da subito positiva: vittorie, progetti e soprattutto soddisfazioni. Tra le tante, aver allenato giocatori arrivati poi sui grandi palcoscenici del calcio internazionale e, infine, la qualifica di allenatore professionista (UEFA A).
Questo è il mio primo libro con il quale, oltre a raccontare a cuore aperto la mia passione per il calcio, cercherò di analizzare i punti chiave per un successo non tanto personale ma di squadra.
- Progetto scuole
Il calcio non è fatto solo sul campo. Bisogna lavorare sulla mente e con i ragazzi in maniera costante.
Per questo motivo mi sono ritrovato in un teatro, davanti a cinquecento persone, per far capire cosa sia davvero il calcio, cosa ci sia alla base e quali siano i suoi valori.
Il successo è stato notevole, così ho provato a fare un passo in più.
Ho infatti proposto a Gianluca Vecchi, direttore del settore giovanile, un progetto indirizzato alle scuole.
Ottenuto il suo appoggio e stabiliti i vari contatti, ho notato con molto piacere l’interesse delle scuole che, facendo circolare la notizia, hanno dato una certa risonanza al progetto.
Questo ha permesso una diffusione a macchia d’olio e dal prossimo anno me ne occuperò a trecentosessanta gradi.
Tale opera, oltre che ribadire l’importanza dei concetti già sviluppati a teatro, vuole essere un ulteriore stimolo per avvicinarsi al mondo del Carpi.
Abbiamo infatti scoperto che molti ragazzi della città erano estranei a questa realtà, pertanto abbiamo ritenuto fondamentale intensificare un senso d’appartenenza ormai indebolito. Attraverso questo libro e il progetto scuole sarò ben lieto di comunicare le mie idee, ma soprattutto i principi cardine che simboleggiano la bellezza del calcio.
- Il mio calcio
“Il calcio ha le sue ragioni misteriose
che la ragione non conosce.”
(Osvaldo Soriano)
A Montemurlo non c’era molto da fare e il calcio significava aria pulita. Giocavamo dalle prime ore del pomeriggio fino al tramonto. Le porte le facevamo con quello che avevamo a disposizione: maglioni, sassi, pali di legno o qualsiasi altra cosa. Sono stato fortunato a far parte di una generazione cresciuta a pane e pallone. Quest’ultimo, poi, lo immaginavamo ovunque.
All’epoca andava di moda Playmobil con tutti i suoi piccoli personaggi. Tuttavia mi importava poco dei poliziotti o dei pompieri: io volevo solo il calcio, sempre. Così, nelle giornate di noia, ritagliavo vecchie scatole di scarpe a forma di magliette e numeri e, applicandoli sugli omini, creavo una sorta di Subbuteo. Con la carta stagnola invece realizzavo la palla e il gioco era fatto. Il calcio è sempre stato così per me: una sorta di chiodo fisso a cui non sapevo resistere in alcun modo.
Ho giocato per diversi anni, vivendo al massimo ogni esperienza, ma imparando soprattutto a conoscere ogni aspetto di questo sport. A partire dallo spogliatoio, uno dei luoghi più belli che io conosca.
Purtroppo un infortunio prematuro ha messo fine alla mia carriera troppo presto. Così ho dovuto scegliere, confrontarmi con me stesso e chiedermi se andare avanti fosse lecito. Mi sono guardato dentro e sono tornate le emozioni di quando ero alto poco più di un metro e scorrazzavo per i campetti della provincia come un funambolo. Ho rivisto le partite, i goal, gli abbracci, le vittorie e le sconfitte. Ho ricordato la prima volta con la fascia da capitano e anche il primo trofeo.
In quel momento ho capito di non poter abbandonare in un angolo impolverato tutte le emozioni e i sentimenti, ma che dovevo trasmetterli. Dovevo provare a far rivivere tutto questo nel corpo di qualcun altro. Ho così preso una decisione: se non potevo continuare sul campo come giocatore, dovevo farlo come allenatore.
Così sono arrivate le prime panchine ed è lì che ho davvero capito che nella vita non si smette mai di imparare. Il nuovo lavoro mi ha permesso di riscoprirmi e di trasmettere i valori che questo sport mi aveva insegnato.
Il Carpi, società in cui attualmente milito come allenatore dei ragazzi under diciassette, è solo la ciliegina sulla torta di un percorso che mi ha visto spesso stare dietro le quinte, per esempio come allenatore in seconda in Serie D.
Ho imparato senza presunzione, rimanendo in un angolo, con un taccuino e con le tasche piene di volontà. Perché il mio calcio è anche, e soprattutto, questo: sacrificio e volontà. Ritengo che queste due parole siano alla base di ogni percorso. Sono collegate da un filo conduttore solidissimo: il sacrificio non esiste senza volontà di compierlo, così come la vittoria non arriva senza la volontà di sacrificio.
Ho visto e allenato squadre che probabilmente avevano poco sulla carta, ma tantissimo nel cuore. E quella cosa lì, che tutti chiamano cuore, non si compra: bisogna solo avere la consapevolezza che senza di esso niente è possibile.
Tutte queste parole – volontà, sacrificio, cuore – sono riconducibili a un solo termine, quello per cui scrivo questo libro: la passione.
Angela Molfetta (proprietario verificato)
“Il calcio che vorrei” narra la passione di Diddi per questo sport, nata per strada e nei campetti di paese quando un pallone sgonfio e un rettangolo di gioco bastavano per sentirsi veri campioni.
Questo libro è il suo racconto appassionato e sincero di un calcio vissuto e giocato, ma è soprattutto la sintesi di quanto egli stesso, da allenatore, cerchi di trasmettere ai suoi ragazzi: quella dimensione di gioco che lo caratterizzava un tempo e che ora è sfumata in nome di fattori economici, di visibilità e risultato.
Certo, Diddi ha una visione un po’ romantica di questo sport, tuttavia non si può non condividerne gli intenti.
Tra consigli e stimoli, egli sottolinea infatti l’importanza di un percorso sportivo che si faccia crescita personale, fondata su valori come il rispetto di regole e persone, il sacrificio, l’impegno, la condivisione e la responsabilità, aspetti irrinunciabili che consentono ottenere un successo individuale e di squadra.
Nella prima parte, i capitoli si riferiscono proprio a questi elementi costitutivi dello sport in genere, ma filtrati attraverso l’esperienza del calciatore. Diddi rafforza inoltre i vari concetti inserendo delle citazioni (anche di colleghi) che chiariscano il punto.
Nella seconda parte, la riflessione si articola attorno a immagini in bianco e nero: fotografie che catturano attimi e ricordi presi a pretesto per rimarcare ulteriormente un’idea.
Una lettura interessante.