Il tempo ha un peso specifico, è fatto di carne, ossa, sangue, vene, respiri, emozioni. È concreto, liquido, scorre in fretta e noi non rallentiamo mai, presi da mille doveri e piaceri. Ma a volte ci sono degli accadimenti, delle esperienze che ci inchiodano e ci portano a fermare nero su bianco pensieri e immagini che fotografano un anno della nostra esistenza, allora il tempo si dilata e tutto quel che noi abbiamo fatto si potrebbe trasformare in una storia, unica, ma come tante, di quelle che custodisci in un diario col lucchetto aperto, una storia da raccontare, perché un anno è veramente lungo. Un anno tutto casa e scuola, il mio… o meglio, quasi tutto.
Estate
Nella mia città, l’estate inizia subito dopo l’apertura dell’uovo di Pasqua. Il sole di Cagliari spalanca le finestre di casa, inonda di luce le strade, ci ordina di toglierci le calze e di andare al mare con vestiti leggeri, a piedi nudi. Poi, piano piano, buttiamo via la giacchina del “non si sa mai che cambi il tempo” e ci ritroviamo in mutande e reggiseno a fare il bagno al Poetto, nell’acqua ghiacciata, che è l’unica che ci ricordi che siamo ancora in primavera e che l’estate inizia il 21 giugno.
Cena di fine anno
«Lilly, ci vediamo alle 21:00 al Villaggio dei pescatori.»
«Ti passo a prendere verso le 20.30?»
«D’accordo, Paola. Grazie!»
Così Paola, collega e amica, mi saluta al cellulare, dandomi appuntamento a stasera. Ora devo decidere la mise, non voglio essere fuori luogo, diciamo di una media eleganza, perché le cene di fine anno scolastico sono cene di media eleganza, poi vabbè c’è sempre qualcuna che esagera, sale sul tacco quindici o scende in infradito. Noi professori siamo una categoria un po’ bizzarra, c’è chi è avvezzo alle relazioni sociali esce e parla molto, e chi, invece, aspetta queste occasioni per vedere qualche anima. Le donne rispolverano qualche gioiello di famiglia, il brillantino con la fede e un vestito “buono”; gli uomini, i più carini, indossano Lacoste oppure camicia celeste con le maniche arrotolate e jeans, i peggiori calzano il mocassino comodo della bella stagione col calzino bianco corto o scarpe di tela senza calze, così il piede respira. Tutti, naturalmente, viaggiano in Panda perché, come dice un mio alunno, gli insegnanti si possono permettere solo la Panda e la Punto.
È un ristorante con ottimo rapporto qualità prezzo, quello che oggi ha scelto Eugenio, il ragioniere delle nostre tasche. Arrivo, menomale che c’è anche Roberto, con lui mi piace chiacchierare, senza nessun ombra di vanità, ma non ho il coraggio di chiedergli di sedersi vicino a me, al contrario di quei due che si accomoderanno vicini come a ogni cena: ci dev’essere del tenero. Ignazio mi sembra innamorato fradicio di Ombretta, la collega più desiderata dell’istituto, la classica donna che ama essere corteggiata, ma tutto finisce lì… ci sarebbe in sardo un’espressione molto efficace per esprimere il concetto, ma parlare sporco non sta bene per un’insegnante di cinquantatré anni.
Con l’abito rosso, gli orecchini antichi di nonna e le Chanel in vernice, a parte le spalle da nuotatore e le braccia troppo tornite, mi sento carina. Per fortuna sono capitata tra le mie colleghe preferite, quelle di scienze motorie e ho scampato il pericolo di sedermi a fianco alla dirigenza, perché con la mente torno tra i banchi di scuola e mi ricordo il disagio delle pizzate di fine anno, io, ragazzina sopra le righe tra professori severi. A dirla tutta, stasera non ho voglia di stare ingessata, ma spensierata, rilassata, “in pantofole”, tra amici, ho voglia di distrarmi, ne ho proprio bisogno.
Già dall’antipasto intravedo diverse intolleranze, vere, finte e non solo alimentari, perché la gente al ristorante è capricciosa, si lamenta, chiede, indaga, insomma, rompe.
«Scusi, cameriere, non è che può aumentare l’aria condizionata?»
E dopo un po’: «Non è che la può abbassare? Uffa, qui non ci sto! Dai, mi sposto, magari lì c’è più aria. Marina, posso sedermi vicino a te?».
«Mah, qui a fianco ci dovrebbe essere Luca…»
«Aveva detto che non sarebbe venuto!»
«Invece sta arrivando e, per evitare che si creino i soliti problemi delle cene con i commensali indecisi, che poi decidono all’ultimo momento, ho fatto apparecchiare qui, vicino a me, capotavola.»
Io mi lamento solo se la birra è calda o sgasata, ma stasera c’è vino della casa e mi sono limitata a chiedere se negli spaghetti allo scoglio ci fosse aglio; ma se penso a Veronica… prima chiede mozzarelline senza lattosio al cameriere che la guarda con gli occhi a palla, poi si abbuffa di focacce al formaggio e rosmarino, e così palesa le sue eterne contraddizioni, che in questo caso finiscono sul piatto, anzi in bocca.
Tra una pietanza e l’altra i tempi sono biblici, mi allontano dai colleghi che discutono solo di scuola e raggiungo le amiche di lettere che sparlano dei mariti. L’unica voce fuori dal coro è quella di Lorenza che sottolinea l’inossidabilità della sua unione d’argento, mentre Cristina, soprannominata suor Cristina, perché a quarant’anni è ancora illibata, si beve le sue parole in un calice di curiosità e sorpresa.
Finalmente portano il secondo, i vegetariani cercano nei vassoi di fritto misto tutto ciò che un’anima non ha, mentre gli unici due vegani, Laura e Filippo, ruminano le verdure grigliate facendoci sentire degli assassini. Laura, oltre a nutrirsi di semini, farro, grano ed erba varia, non si tinge i capelli, canuti da vent’anni, si muove solo a piedi o in bici, non guarda la televisione: è la mia antitesi. Io ho i colpi di sole, mi sposto in macchina, prendo l’ascensore, amo la carne al sangue, la birra, e mi rilasso davanti alla televisione.
Nel frattempo, mi è passata la fame, non sono abituata a stare tanto tempo seduta a tavola, così esco fuori a prendere una boccata d’aria, mi sistemo la gonna, ancora aderente al sedere, quadrettato paglia di Vienna. Mi raggiunge Olga, la segretaria. In questo periodo è giù e, sarà il vinello, sarà l’atmosfera delle cose che finiscono, ha la lingua sciolta e mi confida che suo figlio di diciassette anni verrà bocciato, ma la cosa che la preoccupa di più è la sua apatia, perché passa le giornate buttato sul divano a guardare il soffitto, in più ha un marito che non la vede: «Per mio marito sono meno di un soprammobile, è da otto mesi che non mi sfiora!».
Olga è triste, le sue parole hanno il colore dell’umiliazione. L’ascolto con attenzione, cerco di rassicurarla. Gigliola, la vicepreside, ci interrompe e ci intima con piglio deciso di rientrare per un brindisi. Olga mi sussurra all’orecchio di stare alla larga da lei, perché a scuola è un’ipocrita; entra in classe, firma e poi esce dall’aula per dedicarsi a progetti che portano soldi. Ha gli occhi a forma di dollaro, come zio Paperone, e la cosa grave è che boccia come una pazza. Quest’anno il preside ha dovuto arginare la rabbia di studenti e genitori che non riescono a capire come una docente, che è solita far tutto tranne che insegnare, possa permettersi di valutare.
Dopo il brindisi scatto una foto all’allegra compagnia; dalla regia i miei colleghi stasera mi sembrano belli, a colori, e non in bianco e nero come nelle mattine d’inverno in sala professori. Mi piacciono, non insegnano per dovere, ci ho lavorato bene, in sintonia e simpatia; mentre ho un’avversione istintiva per una tipologia d’insegnanti, incontrati qua e là nel corso dei miei ventisette anni di carriera: degli smile al contrario che trasudano miseria e squallore, perché fanno un lavoro che detestano, e mi fanno rimpiangere i docenti di una volta, coltissimi ed eleganti anche con l’eschimo. Non rimpiango, invece, le carogne del passato, che per fortuna sono in via d’estinzione.
Ciao, ciao, un bacio solo a qualcuno e con Paola e la sua Panda rossa, uguale alla mia, mi avvio a casa, appena soddisfatta della solita e piacevole serata.
Al rientro trovo i miei figli, ancora svegli; è l’una del mattino e questa giornata non ne vuole sapere di finire. Me ne vado a letto, prima di spegnere la luce, mi rivolgo a mio marito e gli dico: «È stata una bella serata, non ho pensato neanche un attimo a papà. In questa scuola ci sto proprio bene… però domani solo acqua».
«Dove siete stati? Cosa avete mangiato?»
Mio marito ha stranamente voglia di chiacchierare, non è ancora finita.
Rossana Gessa (proprietario verificato)
Questo delizioso romanzo breve di Botti Capone, diverte per la sua arguzia scanzonata e commuove per la sua originale profondità. Un improvviso ‘ritorno all’inferno’ in una scuola sui generis dalla quale era scappata qualche anno addietro, una scuola catalizzatrice di alunni disastrati e di insegnanti fuori-classe ( nel bene e nel male ) che si intreccia con altri importanti momenti della vita dell’insegnante Lilli. Un annus horribilis ripercorso con umorismo intelligente che spinge il lettore a riconoscersi in molte esperienze della protagonista e a riflettere sulla modalità di approccio alle stesse. Mariti e figli, alunni e genitori, colleghi e financo badanti, appaiono in rapide sequenze e sono indagati con istintiva profondità e singolare sarcasmo affettuoso. Anche l’addio e il cambiamento benché insopportabili, appaiono più tollerabili perché leniti dal grande balsamo delle parole prese così tanto in prestito da Lilli ai grandi della cultura e restituite a tutti noi come comune proprietà delle anime.
In ultimo, scoprire la realtà difficile e respingente di certi ambienti scolastici nei quali Lilli “Ha visto cose che noi umani …” , è al contempo testimonianza di molte ipocrisie del sistema scolastico italiano e di molto eroismo di certo corpo docente.
Un sincero plauso all’autrice
R.Gessa
Botti Capone
Felice per te, Botti Capone e per noi che potremo godere della tua sensibilità e creatività… Non vedo l’ora di leggerlo
Botti Capone
Giorno 30 della campagna crowdfunding che non è proprio una scampagnata. 📌
Per una che da bambina non ha mai recitato neanche una poesia su una sedia con le mani intrecciate dietro la schiena, con dondolamento di bacino avanti e indietro alla presenza dei parenti riuniti per il Santo Natale, e che da adulta si paralizza davanti a un pubblico superiore alle quattro persone, direi che qualche progresso c’è stato; perché scrivere per poi pubblicare in crowdfunding può essere come girare nudi per le strade del centro… e in più alle volte è come chiedere:
Ma mi guardi?
Mi hai guardato bene?
Ti piaccio? Ehi, dico a te!!!
È proprio così , si crea una specie di transfert, diventi il libro che hai generato e esulti se qualcuno ti apprezza o entri nel buio più nero se gli altri non ti considerano, come quando nei sogni ci sei, ma nessuno ti vede.
Comunque bando alle metafore e alle similitudini, posso dire col cuore in mano che sono felice, perché ce l’ho quasi fatta: in un mese ho venduto 160 copie, quindi grazie per avermi guardata e pure fischiata dietro, per avermi tolto, col vostro entusiasmo, quella sensazione tipica degli esordienti, di essere lì lì per perderci la faccia. 💕
Al contrario, sempre grazie a voi, questo sentire si è trasformato in un bel coraggio, che ha il volto della mia fatica, della mia tenacia, ma anche della vostra fiducia, e della vostra generosità.
GRAZIE 💝
Per chi mi vuol rendere ancora più felice, questo è link per il preordine
https://bookabook.it/…/la-cattedra-rovesciata-un…
Botti Capone
Chi scrive un libro, all’inizio, con un po’ di trepidazione lo fa leggere a qualche amico divoratore di libri, ipercritico, e oggi ho ricevuto il più bel complimento, che gli aspiranti scrittori come me, possano ricevere:
-L’hai finito?
– Sì e quasi mi dispiace! Mi è piaciuto moltissimo! Quando l’ho iniziato pensavo che potesse interessare solo agli insegnanti e invece no! E’ profondo, ma nello stesso tempo scanzonato, può piacere a un vasto pubblico. Ho già individuato delle persone che potrebbero apprezzarlo.
-Daiii, sono felice😍
Botti Capone
Oggi faccio la figlia! 🌸
Sì, perché il libro del quale vi parlo lo ha scritto mamma e io ne sono molto orgogliosa.
Tra i miei contatti molti conoscono le (dis)avventure di Botti; più volte sono stata io stessa a raccontarvele, questa volta però lascerò che sia il suo libro a parlare per noi. 📓
“La cattedra rovesciata: un insolito anno scolastico” è la storia di una professoressa che è stata alunna senza averlo mai dimenticato.
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Il libro è in crowdfunding e preordinabile a questo link ⤵
Botti Capone
Un anno singolare, raccontato e affrontato da Botti Capone con la sua ironia che la contraddistingue.
Una campanella, una riflessione, e tra una campanella e l’altra tutti abbiamo bisogno di farci una bella risata.
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🖋️ Il romanzo “La cattedra rovesciata: un insolito anno scolastico” è finalmente preordinabile 🤩
Botti Capone
Allora???
Avete dato uno sguardo alla presentazione e all’anteprima del libro
“La cattedra rovesciata” di Botti Capone ?
Vi intriga? E questo è niente, quando l’avrete letto mi ringrazierete per la ripetuta segnalazione 🤗
E dunque, prenotate gente, prenotate 📚📖🔖
Botti Capone
Una cara amica, che è, tra le altre cose, anche una brava insegnante, ha scritto un libro. Un romanzo sulla scuola, e non solo. Ho letto l’anteprima, e mi è piaciuta. L’unico problema sarà dover aspettare a marzo per poter leggerlo tutto.
Mi è piaciuto questo suo raccontare leggero e vagante, per dirla con il poeta. Dietro c’è sicuramente tanto lavoro, ma la leggerezza (nel senso calviniano del termine) resta.
E c’è anche il piacere di scrivere.
E per la sottoscritta, che ha sempre partorito (se si escludono gli esperimenti poetici in gioventù) solo saggi, articoli, relazioni di allestimento, schede di catalogo, lavorando negli archivi, sulle fonti, e le fonti orali, e le note a piè di pagina e quale fotografia inserire perché più di quattro non fa e, mi raccomando! minimo 10 cartelle, e gli abstract in lingua inglese, insomma, tutte cose abbastanza grevi e pesanti… questa è una cosa bellissima.
Il libro si intitola: “La cattedra rovesciata – Un insolito anno scolastico”, l’autrice è Botti Capone.
Botti Capone
Botti Capone ha finalmente, dopo ripetuti nostri inviti, scritto il suo primo libro! Ho sempre adorato leggere tutto ciò che scrive, anche le “minchiatine” dei suoi post, ed è un incanto anche semplicemente sentirla raccontare il suo modo di fare la spesa. È un onore averla come allieva nel mio corso di danza, e come amica non posso fare altro che essere fiera di lei!