Le confesso dottore che in quel momento non mi andava proprio di occuparmi di lei, non mi andava di occuparmene. Di lei, di quella clandestina privilegiata, in posa al momento del naufragio, quella delle mostre fotografiche. Mi dispiaceva per i suoi problemi, mi dispiaceva, ma ne sento tante di storie simili con il mio lavoro. Ne sento tante di storie. È il mio lavoro, dot-tore, pieno di storie. Di storie. Io sono una volontaria e mi occupo dei clandestini. E poi mi ha detto che anche i suoi fratelli non sono mai tornati ad Asmara, li hanno ingannati e spediti a fare la guerra. A fare la guerra ma nessuno ha mai più dato loro notizie, sono dispersi. Dispersi. Sua madre è morta, mi ha detto, ma da poco, da quando lei è arrivata in Italia. È morta. Non l’ha mai più vista, non è nemmeno andata al suo funerale. Al suo funerale. Non ci è andata. Cosa mi ha spinto nel mondo di Nazret, mi chiede, dottore? È lei che mi ha cercata. Mi ha cercata. Lei. Voleva una vita diversa, io gliel’ho data, no? Mi ha chiesto: deciderai tu la mia sorte? La deciderai tu, Viola? Ma io non decido niente, mi limito a scrivere su un modulo le mie considerazioni se accoglierli come rifugiati politici o ricollocarli in altri Paesi. Non decido io. Io non decido.
Dottore quando Nazret mi ha chiesto dove l’avremmo mandata le avevo risposto che ancora non lo sapevo. Io non lo sapevo. Sei pronta? Le ho chiesto. Devo farti qualche domanda. E comunque non sarò io a decidere. Non decido.
Senta, dottore, me lo chiede sempre e io le rispondo sem-pre allo stesso modo, io e Nazret siamo amanti, devo dirglielo così, devo usare la parola amante perché la gente altrimenti non capisce. Amanti, siamo amanti. Amanti. E, le dico la verità, qualche volta anche lei, dottore, mi sembra non capisca, mi fa sempre le stesse domande. Le stesse. Ma quella parola, amante, è vaga e non rende l’idea di quanto ci sia tra noi. È una parola vaga, amanti. Saremmo amanti anche se non avessimo mai fatto sesso. Senza sesso. Amanti comunque. Senza sesso. Amanti. Tic tac. Va bene, continuo a raccontare. Ma è proprio necessario il tic tac così fastidioso di questo metronomo? Se lo sento ancora un po’ scoppio. Scoppio. Qualche volta quando le parlo in questo modo non so più chi sia io e chi sia Nazret. Forse perché siamo amanti.
DUE
E adesso beccatevi me che, con rispetto parlando, ho lo scilinguagnolo sciolto, perché da qui inizia la storia, una come tante, forse dirà qualcuno alzando le spalle e sbuffando un po’. Per me che l’ho vissuta da vicino e compaio qua e là, è venuto il tempo di troncare gli indugi e iniziare a raccontare, anche se non è stato facile mettere insieme i pezzetti di vita che ho afferrato. Niente mi sembrava mai abbastanza perché – ecche-cavolo! – con rispetto parlando, non volevo andare per mare senza biscotto, insomma non mi andava di iniziare un’impre-sa così, narrare una storia così complicata, senza l’attrezzatura adatta, senza le notizie fondamentali. Si sa, ciò che mentre viviamo ci pare chiaro ed evidente, quando cerchiamo di ricostruirlo ci fugge via, lasciandoci lì come quelli della mascherpa. Fine della storia. Punto. Non si trattava di attaccare il campanello al collo dei gatti, non è stata un’impresa impossibile, anche se confesso di avere sudato sette camicie perché ho raccolto tutto quello che trovavo, basandomi su quanto ho visto di persona e ciò che via via mi veniva raccontato e su quello che… be’, le solite cose e comunque non posso mettere il carro innanzi ai buoi, vi rovinerei il racconto. E io ho molta paglia in becco, come si suol dire, conosco cose che molti non sanno e poi ho messo in fila qualche parola, qualche segreto, qualche immagine rubata qua e là, spesso facendo orecchie da mercante e ci ho anche aggiunto qualche mia illazione personale, tutti ingredienti che, soli, servirebbero a condire non più di una mezza verità. Messi insieme, invece, sono abbastanza per farci almeno un’idea sulle vicende di questa clandestina eritrea arrivata a Milano dopo molte peripezie. E adesso lo dico, certo, io sono una privilegiata, il mio punto di osservazione, chapeau, garantisce qualche briciola di verità perché la vedevo tutti i giorni entrare e uscire. E sapete perché? Ero la custode della casa di Nazret e, nomina sunt consequentia rerum, divento automaticamente anche la custode di questo tratto della sua vita. Fine della storia. Punto. E ora sto per scagliare una freccia che andrà dritta dritta al centro del bersaglio. Quale bersaglio, vi chiederete voi. Non sto certo a ciurlare nel manico e svuoto il sacco, parlo del momento esatto per capire lo strano comportamento della nostra clandestina e degli altri personaggi coinvolti nella sua storia. Sarà difficile inquadrare le sue vicende senza sentirsi all’inizio un po’ sperduti qua e là, quasi dispersi nella narrazione, con i suoi piani diversi che s’intrecciano e che s’impastano. Ma voi non preoccupatevi, respirate profondamente, rientrate in voi stessi nella magia senza tempo e fate spazio alla storia. Non dovete uscire da voi per andare a cercarla, è la storia che inizierà ad abitarvi, con tutti i suoi personaggi. Ci ho pensato a lungo e – ecchecavolo! – ora sono certa che il momento esatto da cui partire sia quello che la vede in un appartamento milanese nel quartiere più ricercato del momento, la vecchia Fiera ora chiamata City Life, convocata dal padrone di casa per una conferenza stampa un po’ particolare, o meglio invitata lì per organizzare un’intervista. Ma la casa è piena di giornalisti che lui sta intrattenendo, con rispetto parlando, tutto nudo, nella vasca da bagno.
La vedo con chiarezza davanti a me, mentre sta fissando quell’uomo che tiene una mano avviluppata al bordo della vasca, l’indice dell’altra nell’ombelico. Gli occhi di questo singolare padrone di casa, i suoi occhi dall’espressione bizzarra pronta a spaccare gli schemi, sono semiaperti o semichiusi, dipende dai punti di vista, insomma le solite cose.
Simona Savino (proprietario verificato)
Wow! Anche stavolta ti sei superata!
Un libro da leggere, un viaggio attraverso la diversità e l’accoglienza. Tutto ciò che rende la vita ricca e degna di essere vissuta.
Un libro che stimola il pensiero critico, quello che porta al discernimento e all’arricchimento interiore.
Come fa sempre Susanna, una lettura accurata di ciò che ci circonda, per far emergere un chi legge ispirazioni e risorse.
Cosimo Errico (proprietario verificato)
In “Noi due clandestine “ coesistono più piani, dal mistero alla realtà, dal presente al passato. Rispetto e violazione dei diritti umani, aggressività e intimidazione maschile verso le donne, identità di genere, fluidità sessuale, circolazione della pandemia, manipolazione della realtà spesso come strategia inconscia. Il lettore é obbligato a porsi delle domande e a darsi delle risposte per arrivare a ipotizzare che la realtà sia solamente un’illusione. Un romanzo scritto da una scrittrice che sa far trovare alle persone la strada giusta per arrivare a una consapevolezza di se stessi. Consiglio di leggere questo libro per immergersi e scoprire sotto molti aspetti la nostra vita e la nostra società in continua evoluzione!
gilardidaniela950
Al momento ho letto solamente una parte del libro ed all’inizio ho faticato ad entrare nel ritmo della narrazione, a confrontarmi con più piani di realtà, ma proseguendo nella lettura ho trovato il mio”passo” ed ora mi sono appassionata alla trama e sono molto curiosa di scoprire l’altra parte della storia e quale sorpresa ci rivelerà il finale.
Angelo Picco (proprietario verificato)
Ho dato una rapida occhiata alla bozza leggendo dei punti “a caso”. Penso che reggere un romanzo su tre elementi e mantenere il lettore “inchiodato” fino alla fine non sia semplice. I tre elementi di cuii parlo sono: il linguaggio e la caratterizzazione dei personaggi per dare una prospettiva diversa alla narrazione. Il secondo è la trama avvincente e il terzo è rendere ogni frase non banale, ma originale di modo che ti invogli a leggere la successiva, proprio come le ciliegie. Una frase attira quella seguente Ebbene devo dire che Susanna Garavaglia con grande bravura e merito è riuscita a tessere la tela del libro con questi tre elementi mischiati e gestiti con la puntualità e la precisione che accompagna il lettore fino alla fine del libro con molta curiosità e intensità.
Susanna Garavaglia
Francesca, Manu, avete colto nel segno, le variazioni del linguaggio da un personaggio all’altro servono a introdurre il lettore nel mondo di ognuno di loro perché il nostro modo di parlare non é casuale né arbitrario e spesso riflette quella illusione ottica che ci fa credere di vedere all’esterno quello che in realtà non é “in sé”ma é dentro di noi. . Ho volutamente differenziato il linguaggio e lo stile passando da un personaggio all’altro e se questo, nei primi capitoli può spiazzarvi, man mano che procedete vi aiuta a comprendere meglio la sua visione del mondo. Viola, la compagna di Nazret, ad esempio, con lo psichiatra, tende a ripetere ossessivamente le ultime parole delle sue affermazioni, come a puntualizzare con decisione quello che sta dicendo, quasi a imporre la sua presenza. Scradford, l’americano che parla di complotto contro l’umanità, si serve di metafore tratte dal mondo della fisica e della astronomia da cui lui stesso proviene, ripetendo nel suo blablare quello che é convinto di sapere e che a ogni costo vuole che gli altri sappiano. La portinaia usa un linguaggio fiorito di metafore, proverbi, modi di dire perché si é presa il compito di collegare tra loro eventi apparentemente slegati l’uno dall’altro, traendone comunque insegnamenti di vita. Sono i vari punti di vista, le angolazioni differenti dalle quali ognuno di loro si rapporta alla realtà che creiamo focalizzandoci su una sfumatura piuttosto che su un’altra. Grazie di avere letto “Noi due clandestine”!
Manu Da (proprietario verificato)
All’inizio ho fatto fatica a seguire sia per la lettura a pc ma soprattutto perché mi sembrava che avessi tolto l’immaginativo descrivendo i personaggi solo con il cambio stilistico di scrittura, visto che ogni personaggio nei primi capitoli è caratterizzato da uno “stile” di scrittura piuttosto che da una sua descrizione per immagini. Poi però tutto è rientrato, di descrizioni non ne mancano certo tanto che vorrei andare a dare una occhiatina a citylife che non ho mai visto. Devo confessarti che avevo intuito qualcosa di strano ma il dubbio ha retto bene fino alla fine e ho creduto fino in fondo che fosse tutto causa del..non posso dire di più altrimenti svelerei il finale!
BRAVA e grazie, Manu
Francesca Sebastiani (proprietario verificato)
Mi é piaciuta molto la commistione di linguaggi, ogni personaggio ha un suo modo di parlare che riflette l’angolatura dalla quale osserva la vita. All’inizio non capivo il perché di queste differenze, alla fine non ci volevo credere, ma non posso fare spoiler.