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Storia di un punto e virgola

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Demetrio conduce una vita insipida, solitaria e dominata dalle fobie: fobia delle persone, dei temporali, del denaro che scorre tra le sue mani senza che egli lo possa trattenere. Alla soglia della mezza età, Demetrio è convinto che la sua routine non debba subire cambiamenti e che, seppur triste e grigia, così è stata impostata. Eppure, un giorno rimane colpito da un libro esposto nella vetrina di una libreria. D’impeto entra e lo acquista: sarà la lettura di questo e di altri volumi dello stesso autore a rappresentare per lui il punto che la sua vita incolore necessitava, e la virgola, l’inizio di una nuova esistenza.

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Chi era Demetrio? Un introverso animale che fugge dai suoi simili? O forse era un misantropo?

Non era facile capire chi fosse quell’uomo di mezza età dalla vita insipida. L’unica certezza era la sua solitudine. C’è chi ha la moglie, chi il gatto. Lui aveva la solitudine, sua unica compagna di vita.

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Se un pittore – mettiamo il caso fosse un olandese vissuto nel Seicento – avesse voluto rappresentare Demetrio in un movimentato quadro, l’avrebbe posto in un angolo semibuio, lontano da tutti gli altri, con lo sguardo un po’ timoroso e forse assente; un personaggio a metà del cammino della sua vita – per citare Dante – con il capo ricoperto da radi capelli brizzolati, il volto dalle rughe appena segnate e una pelle che non aveva mai visto il sole.

Nel quadro, Demetrio scruta un impettito cavaliere dall’armatura luccicante, con un cappello piumato e un’elegante parrucca, guardato con libido da delle fanciulle nude in procinto di fare il bagno; fanciulle procaci che ardono dal desiderio. Anche il vecchio poco a destra del cavaliere ha uno sguardo fiero, orgoglioso di ciò che ha fatto in vita e che, per questo, attende serenamente la morte; è compiaciuto del suo contributo dato al mondo. 

Ma nessuno guarda Demetrio. Ombra, penombra e luce: le tre gradazioni del quadro. Nonostante Demetrio non brilli di luce propria, il pittore ha voluto comunque degnarlo di un posto nel suo dipinto, forse per far intendere che il mondo non è solo fatto di dame, cavalieri, fanciulle ardenti e fieri vegliardi. Esiste anche un mondo più recondito di anonime genti. Nessuno potrà capire se il pittore abbia avuto veramente l’intenzione di dare dignità anche a chi è nella penombra.

Ma Demetrio ha invidia di quel cavaliere o gli è indifferente? Guarderebbe, se potesse, con libido anch’egli quelle procaci fanciulle? Sebbene il pittore non dia valore a Demetrio, non lo ha fatto però sparire nell’ombra. Forse voleva lasciare all’osservatore il compito di capire chi fosse e cosa rappresentasse quell’uomo messo nella penombra. E se invece il soggetto principale fosse stato proprio Demetrio e l’acquirente, per sua bizzarria, avesse imposto al pittore d’intitolare il quadro dedicandolo a uno degli altri raggianti personaggi, magari su promessa di elargire ancor più denari?

Sono belli i misteri. Gli studiosi, nei secoli, hanno cercato di capire il vero significato di un’opera, sbizzarrendosi nelle più stravaganti teorie. È questo che gli autori chiedono ai posteri: svelare ciò che realmente volevano esprimere, perché il mistero ha sempre affascinato e incuriosito l’uomo nella sua continua ricerca del vero.

Ma allora chi era Demetrio? Un misterioso personaggio dalle nascoste virtù o un insipido essere senza speranza? Forse non lo sapeva neanche lui.

Era sicuramente solo, come anzi detto, isolato dal mondo tumultuoso, retrivo a tal punto da schivare i crocchi di gente mentre attraversava lesto l’affollata piazza del paese, dove le persone erano somiglianti a corvi che si girano a seconda del vento. Non entrava nei bar perché non beveva né alcolici, né caffè, ma soprattutto perché non voleva occhi curiosi puntati su di sé. Non sopportava la confusione: lo sciamare della gente lo soffocava e se per caso era costretto a passarci in mezzo, correva veloce sperando di inspirare al più presto una sana boccata d’ossigeno. Per sua fortuna, il paese era piccolo e la confusione vera c’era soltanto in luglio, quando si celebrava la festa del santo patrono, con annessi festeggiamenti. 

Quando era piccolo, i suoi genitori lo costringevano a vestirsi “da grande” per l’occasione, con cravattino e giacca. Non sopportava quella celebrazione solo per il fatto di doverci andare vestito così. Suo padre, che in fondo era un brav’uomo, lo portava sempre al carretto delle frittelle e ogni volta gliene comprava più di una. Demetrio amava quelle frittelle, ma non sopportava di mangiarle nella confusione. Se fosse stato solo, senza suo padre che lo teneva per la giacchetta in mezzo alla folla, sarebbe fuggito verso il castello e avrebbe mangiato seduto sull’antico muro scalcinato, con le gambe a penzoloni. Da lassù, la sera si vedevano le luci del paese e, quando c’era la festa, i fuochi d’artificio.

Come allora, anche da adulto Demetrio s’acquietava una volta tornato a casa, dove non udiva gli schiamazzi della festa e poteva invece ascoltare il silenzio. E allora s’abbandonava, come fosse ipnotizzato, nel pieno godimento di quella pace ritrovata, in cui nessuno poteva violare la sua intimità.

Spesso pensava a luoghi dove non imbattersi in anima viva e s’accorgeva che al mondo era difficile trovarne almeno uno. Ovunque andasse era costretto, prima o poi, a incontrare qualcuno. Non era chiaro se questa sua avversità nei confronti degli altri fosse causata da una forma di fobia o da una sua scelta. In effetti nessuno, fino ad allora, gli aveva fatto mai del male. Mai aveva avuto questioni serie con qualcuno. E lui, semplicemente, non si poneva alcun problema; quasi fosse guidato solo dall’istinto, come un animale retrivo per sua indole. Creatura solitaria che la natura così ha creato, che provvede in toto alla sua sussistenza senza richiedere aiuto a nessuno, a differenza di altre.

Un giorno pioveva, non troppo, e quando piove non s’incontra nessuno. È per questo che Demetrio s’avventurò nel bosco vicino a casa sua. Era autunno. Voleva trovare dei funghi. I suoi stivali affondavano nel fango, aveva una vecchia mantella e un copricapo impermeabile. Camminò a lungo e raggiunse il cuore del bosco, là dove c’è il semibuio anche nelle giornate di sole. Il vento soffiava, facendo stormire le foglie, e gli alberi sembravano danzare. A un certo punto, il cielo s’oscurò ancor di più e la pioggia si trasformò in temporale. C’era un forte odore di sottobosco, di funghi neanche l’ombra, forse era passato qualcun altro prima di lui, oppure non era la giornata giusta. In Demetrio si scatenò il panico, temeva che qualche fulmine cadesse nel bosco, come era successo anni prima, quando una saetta aveva squarciato una quercia secolare. Si pentì di essersi addentrato così tanto e si raccapricciò per la sua imprudenza. Fece una corsa affannosa, mentre il fragore dei tuoni scuoteva tutto e il vento era così impetuoso da spezzare i rami. Tremante, scorse un anfratto. Era fradicio da capo a piedi e l’acqua, colando dai calzoni, era finita negli stivali. Riuscì a entrare nella cavità, il fondo si perdeva nel buio. Si spinse fin dove non arrivava la pioggia e si sedette a terra, sperando che prima o poi spiovesse. Ma la pioggia era talmente fitta che sembrava ci fosse la bruma. Rivoli d’acqua scendevano verso la valle. E stava per venire buio. A Demetrio balzarono in mente gli eremiti che vivevano, meditando e pregando, in grotte simili; forse anche quella, in passato, era stata usata da loro, quando si ritiravano dal mondo per cercare, con la preghiera e nel silenzio, la voce di Dio.

Il temporale non dava tregua, ma a poco a poco il panico di Demetrio si trasformò in una sensazione piacevole, quasi pacifica. In fondo, quel posto remoto lo rassicurava, perché si sentiva cullato dalla solitudine, dentro mani magnanime che lo proteggevano.

In quei momenti si sentiva intimamente solo e, sebbene fuori la furia degli elementi si scatenasse, non provava più paura. Demetrio aveva incontrato la solitudine nell’accezione più vera e stava bene. Era lontano dal mondo, dai pericoli degli uomini. Si addormentò.

Si svegliò che era ormai notte. Fece capolino da quella grotta e scorse la luna piena e le stelle. Il temporale era passato e, nel silenzio, si udiva il ticchettio delle gocce che cadevano dalle foglie degli alberi. E fu proprio la luna a scacciare da lui la paura del ritorno, poiché con la sua luce argentea illuminava il sentiero, e Demetrio se ne tornò a casa, stanco ma felice. Sebbene la grotta fosse stata eletta quale unico e intimo rifugio, l’uomo – agorafobico – non disdegnava stare in luoghi sconfinati, a patto che non fossero calpestati da qualcuno. Per questo si trovava a suo agio nei prati verdi che c’erano oltre il bosco. Preferiva andarci in momenti precisi e studiati, all’alba, oppure al tramonto, quando il sole non lo infastidiva con i suoi raggi e quando era certo che non avrebbe incontrato nessun altro.

Ma qual era il rapporto di Demetrio con la solitudine? Certamente un rapporto sereno. Lui non provava tristezza per il fatto di essere solo, né si era mai posto il problema. Un suo pregio era la capacità di non paragonarsi a nessuno, in quanto riteneva che ognuno fosse a sé. Odiava la gente che curiosava nella vita privata degli altri e che faceva considerazioni o, peggio, giudicava. E una cosa che non si poteva negargli era l’essere, in fondo, un brav’uomo, sebbene talvolta si mostrasse duro con chi non gli andava a genio. Il suo atteggiamento era sobrio, pacato, mai alzava la voce, neanche sul lavoro. La sua solitudine era uno stato d’animo, più che un modo di vivere; era così radicata che lo induceva a evitare il più possibile gli altri. Ma lì dove abitava, e come spesso accade nei paesini di poche anime, queste, avendo ben poco con cui occupare le giornate, si dilettavano a fare esattamente ciò che infastidiva il nostro Demetrio: guardavano, parlavano, giudicavano e, come reazione, ridevano di quel suo strano modo di vivere. Infatti, molte erano le dicerie su di lui: era considerato un tipo strampalato. Tanti tentavano di indagare, ma pochi riuscivano a capire come e perché vivesse la sua vita così.

Qualche donna del posto lo considerava addirittura affascinante, ma non c’era modo di avvicinarlo. In particolare, una certa Paola, una donna sulla quarantina che abitava con i genitori, lo aveva adocchiato. Lei e i genitori si erano stabiliti lì, forse perché stanchi della città, e sua madre premeva affinché trovasse un marito per sistemarsi. Paola sapeva tutto sui movimenti di Demetrio: a che ora partiva la mattina, quando tornava. E dal giardino aveva iniziato a salutarlo ogni volta che lo vedeva. Ma Demetrio la guardava di sfuggita, ricambiando con un freddo “Buongiorno”. Allora il sorriso di Paola si spegneva come la luce al crepuscolo e lei tornava sconsolata alle sue faccende. Demetrio, dal canto suo, era indifferente a quei cenni di Paola e gli dava fastidio che qualcuno, seppur con garbo, lo osservasse ogni volta che usciva ed entrava. Si sentiva in qualche modo controllato, sebbene i fini di Paola fossero altri. E la donna intimamente soffriva.

Dopo una serie di “Buongiorno” e “Buonasera”, Paola azzardò un avvicinamento quando, una sera, vide Demetrio rientrare. Era ciò che più odiava l’uomo, ossia il fatto che uno sconosciuto osasse oltrepassare i suoi ideali confini privati. Paola, timorosa, uscì in strada e si avvicinò a Demetrio mentre questi scendeva dalla sua bicicletta.

«Buonasera, Demetrio!» esordì Paola.

L’uomo, sorpreso, si voltò freddamente. «Buonasera a lei» rispose, con uno sguardo gelido.

«Giornata dura oggi?» proseguì la donna.

«Non sono fatti che la riguardano, scusi, e poi la smetta di osservarmi ogni giorno, non mi va» rispose brusco, appoggiando la bicicletta al muretto bianco del giardino.

«Mi scusi, non volevo disturbarla» disse Paola.

«Appunto, non mi disturbi, buonasera» proruppe Demetrio, sparendo dentro casa.

La donna tornò sui suoi passi, annichilita.

Demetrio, dal canto suo, digerì l’irritazione una volta disteso sul divano, come se avesse incontrato un insistente venditore ambulante. Da quel giorno, Paola si limitò a osservarlo dalla finestra con la speranza che magari qualcosa cambiasse.

Ma cosa poteva cambiare in Demetrio? La sua indole sembrava granitica. Un complesso di assiomi consolidati nel tempo, abitudini così radicate che neanche un trauma scatenante avrebbe smosso. Non cercava gli altri, come se la solitudine fosse permanentemente avvinghiata a lui, assoggettandolo sempre e ovunque. La passione dell’essere solo era forse un rimedio per evitare le aggressioni del mondo esterno? Un modo per vanificare le sue paure? L’ansia di dover condividere qualcosa con qualcuno? Nell’esistenza di Demetrio, l’unica persona in grado di entrare, seppur timidamente, nel suo microcosmo era Ovidio, una sorta di amico, che comunque Demetrio faticava a considerare tale, come se il termine “amicizia” non fosse contemplato nel suo decalogo esistenziale. L’unica amica degna di essere così appellata era solo e soltanto la solitudine.

2021-09-29

Aggiornamento

MESSAGGIO DI RINGRAZIAMENTO E INVITO A SOSTENERMI NEL PROSIEGUO DELLA CAMPAGNA SUL MIO SITO UFFICIALE: aprite questo link: https://margaronegiovanni.com/2021/09/29/storia-di-un-punto-e-virgola-e-decollato/ ... E GRAZIE ANCORA, AD MAIORA!
2021-09-28

Aggiornamento

E COSI' GRAZIE A VOI, CARI SOSTENITORI, IL MIO LIBRO HA RAGGIUNTO L'OBIETTIVO DELLE 200 COPIE PREORDINATE IN POCO PIU' DI DUE MESI. UN RISULTATO ECCEZIONALE! RINGRAZIARVI E' POCO, PERCHE' SIETE VOI CHE AVETE FATTO VOLARE "STORIA DI UN PUNTO E VIRGOLA" VERSO IL MONDO DEI LIBRI. "UN LIBRO E' LA CREATURA DELLO SCRITTORE, MA SENZA I LETTORI MUORE", SIETE VOI LA FORZA CHE SOSTIENE UNO SCRITTORE. GRAZIE!! E PASSATE PAROLA AFFINCHE' QUESTO LIBRO VOLI SEMPRE PIU' IN ALTO, NEL BLU SEMPRE PIU' BLU! E GRAZIE A BOOKABOOK CHE MI HA CONSENTITO DI INTRAPRENDERE QUESTA AVVENTURA EDITORIALE E CHE HA CREDUTO IN ME!
2021-09-24

NOTIZIE NAZIONALI – Intervista a cura di Francesca Ghezzani

Lo scrittore Giovanni Margarone: per il mio quarto romanzo ho scelto un’editoria alternativa. Giovanni Margarone è uno scrittore, editorialista, saggista e recensore italiano del 1965, dal 1986 vive e lavora in Friuli. Ha pubblicato finora tre romanzi e due saggi, inoltre scrive editoriali e recensioni in riviste e blog letterari italiani. Nel corso della sua carriera letteraria, ha ottenuto fin qui 24 riconoscimenti in altrettanti concorsi letterari nazionali e internazionali. Di formazione umanistica, è un profondo cultore di letteratura, filosofia e musica, oggi lo vediamo impegnato nella pubblicazione del suo quarto romanzo “Storia di un punto e virgola” mediante una campagna di crowdfunding con la Casa Editrice Bookabook. Giovanni, ci puoi spiegare, innanzitutto, che tipo di editoria è quella da te scelta? Con il crowdfunding, il libro viene già fatto conoscere a una platea di lettori, i quali, prima della pubblicazione possono dare un giudizio sul manoscritto. È un’editoria alternativa a quella tradizionale, la sua specificità consiste appunto nell’avere già una “community” prima del lancio. Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scegliere questo tipo di editoria? Sicuramente il fatto che la casa editrice abbia risposto positivamente alla mia proposta editoriale. In seconda istanza, credo che in questo momento di cambiamenti debbano essere promosse soluzioni alternative all’editoria tradizionale. Ci puoi accennare qualcosa sul nuovo romanzo? È un romanzo un po’ diverso da quelli che ho scritto in precedenza, basato sul senso del cambiamento personale. In buona sostanza, è la storia di un uomo “insipido” dal punto di vista esistenziale, che però, grazie a una disamina introspettiva profonda, quando incidentale, si accorge che la sua vita potrebbe avere un corso diverso. Il senso principale del romanzo è che chiunque, nella vita, ha sempre una seconda opportunità. La narrazione è ambientata in Puglia. Tornando alla campagna di crowdfunding, ci puoi descrivere come si sta svolgendo? È iniziata il 14 luglio 2021 e finirà 100 giorni dopo. In tale periodo è stabilito un obiettivo di 200 preordini per essere pubblicato definitivamente. Finora ho superato la metà, in quanto la risposta al mio appello è stata abbastanza positiva. Tuttavia sto ponendo il massimo sforzo per raggiungere l’obiettivo nel termine previsto. E qual è il tuo appello? Sto facendo fede a chi può gradire il romanzo. Ci ho lavorato tanto e chi l’ha già letto in anteprima ha manifestato molto entusiasmo. Per questo invito ad andare sul sito: https://bookabook.it/libri/storia-un-punto-virgola/ dove chi vorrà potrà preordinare il libro (fino a un massimo di 5 copie). Una volta effettuato il preordine, il lettore avrà a disposizione già la bozza da leggere in PDF per dare, se vorrà, un giudizio e fare passaparola. In questo modo, il libro avrà già tanti sostenitori prima della pubblicazione definitiva. In chiusura, ci puoi ricordare i tuoi riferimenti sul web? Il sito ufficiale è https://margaronegiovanni.com, dove si trovano tutte le informazioni su di me e sulla mia attività letteraria, inoltre sono presente sui principali social-networks. link articolo: https://www.notizienazionali.it/notizie/arte-e-cultura/31292/lo-scrittore-giovanni-margarone--per-il-mio-quarto-romanzo-ho-scelto-un-editoria-alternativa
2021-07-09

WELLTV/SKY 180DT https://www.welltv.eu/it/diretta-live

Nell'ambito dell'intervista di Francesca Ghezzani, conduttrice della trasmissione FATTI E STORIE DA RACCONTARE in onda a partire dalle 10,30 del 07/09/2021 su Well TV/Sky canale 180, lo scrittore Giovanni Margarone accennerà alla sua campagna di crowdfunding relativa al suo nuovo romanzo "Storia di un punto e virgola".

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Giovanni Margarone
è nato nel 1965 e vive e lavora in Friuli. La sua narrativa è contraddistinta da pacatezza alternata a intensità, un contrasto che incuriosisce i suoi lettori. Le sue opere hanno ricevuto numerosi riconoscimenti in concorsi letterari nazionali e internazionali. È autore di "Oltre l’orizzonte" (2013), "Note fragili" (2018), "Le ombre delle verità svelate" (2018), "E ascoltai solo me stesso" (2019) e "2020 il mondo si è fermato. Ci avrà insegnato qualcosa?" (2021).
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