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Come nasce un best seller (e altri racconti leggendari)

Falsi miti e leggende metropolitane. Ecco perché il mondo dell'editoria può essere davvero impenetrabile per un aspirante autore. Vediamone cinque (sapendo che ce ne sono molti altri...)

Scrivere è difficile, pubblicare lo è ancora di più, capire l’editoria è molto spesso difficilissimo.
Un po’ perché è un mondo chiuso, quasi impenetrabile. Con i suoi codici, i suoi riti, le sue complessità.
E un po’ perché, quasi da sempre, è accompagnato da falsi miti e da vere e proprie “leggende metropolitane”.
Vediamole insieme.

1- La qualità “tira” le vendite

In un mondo perfetto sarebbe così. Purtroppo è sufficiente dare uno sguardo alle classifiche per rendersi conto che raramente la qualità è il fattore decisivo per il successo di un libro. Secondo i dati AIE – l’Associazione Italiana Editori – le principali leve di vendita di un titolo sono sostanzialmente due: notorietà dell’autore e passaparola dei lettori (trovate i dati qui). Con questo non vogliamo certo dire che la qualità non abbia un impatto importante sulla circolazione di un libro ed eventualmente sul suo successo. Ma è una sorta di pre-condizione. Necessaria ma, ahinoi, non certo sufficiente.

2- L’editore, se ci crede abbastanza, può far spiccare il volo al mio libro

Oltremanica dicono che l’editore non è né un gatekeeper né un king maker. Tradotto significa che non è in possesso del mazzo di chiavi per la notorietà e che, anche volendo, non può incoronare nessuno (neppure se stesso a dirla tutta).
È presto spiegato perché. Le due leve principali, notorietà dell’autore e passaparola dei lettori, non dipendono se non in minima parte dall’editore. Certo, si obietterà, l’editore può posizionare il libro sui giornali attraverso l’ufficio stampa e sui social network attraverso la pubblicità. Ma l’accesso ai giornali è fortemente condizionato dalla notorietà dell’autore, mentre la buona riuscita di una campagna sui social network dipende in larga parte dalle condivisioni dei lettori e dal passaparola.
L’editore deve metterci impegno e, soprattutto, un’infrastruttura che funziona. E un buon editore, che si spende davvero, può aiutare a massimizzare le vendite del libro. Ma molto raramente può trasformare uno sconosciuto in uno scrittore di successo. Se potesse farlo, eviterebbe volentieri di pagare anticipi (talvolta faraonici) che versa a influencer, cantanti, calciatori, chef e scrittori alto vendenti e si costruirebbe in casa i prossimi best seller.
In ogni caso è sempre bene che nel contratto editoriale siano specificate le attività di marketing e di comunicazione previste. In modo chiaro e non generico (noi lo facciamo, ma non siamo i soli). E se non ci sono? Chiedete che vengano aggiunte prima di firmare!

3- Il self-publishing garantisce quasi sempre maggiori guadagni all’autore

In realtà il self-publishing, se fatto bene, garantisce importanti costi per l’autore a fronte di ritorni incerti. Difatti è sufficiente farsi due conti sommando il costo di un vero editing, di una impaginazione e di una grafica di copertina per arrivare a qualche migliaio di euro. E tuttavia questi investimenti, da soli, non garantiscono vendite. Serve investire anche in professionisti della comunicazione. E oltre ai costi c’è l’incognita di aver scelto i professionisti giusti, quelli capaci di dare una forma e una visibilità al vostro libro tale da farsi strada nelle decine di migliaia di titoli autopubblicati. Certo, le royalties sono generalmente più alte e questo può, in qualche caso, far rientrare dei costi sostenuti e addirittura generare un guadagno. Se un editore generalmente riconosce tra il 6 e il 10%, ci sono piattaforme di selfpublishing che arrivano al 70%. Ma attenzione: l’editore riconosce le royalties sul prezzo di copertina, diverse piattaforme di self sulla differenza tra prezzo di vendita e costi sostenuti. Il che andrebbe benissimo se non fosse che è la stessa piattaforma a decidere quanto costano, ad esempio, la stampa di una copia e la sua spedizione. E a esporvi il costo senza che possiate intervenire. Inoltre sempre più case editrici in Europa (e immaginiamo presto anche in Italia, noi lo facciamo già) riconoscono royalties asimmetriche a seconda del canale di vendita, arrivando fino al 50% del prezzo di copertina.

4- Il crowdfunding serve soprattutto a garantire vendite prima della pubblicazione

Il crowdfunding serve a costruire un pubblico di lettori prima che il libro sia pubblicato. Lettori che si sentiranno (e che saranno) coinvolti nel progetto del libro. Riceveranno le loro copie prima che il libro venga pubblicato. Significa che dal primo giorno di pubblicazione potranno fare recensioni, post sui social network, passaparola. In altri termini si trasforma la pubblicazione da impresa “in solitaria” dell’editore e dell’autore in un traguardo di una comunità più larga. Del resto i libri pubblicati in crowdfunding nel mondo aumentano in modo importante ogni anno e solo una piccola parte delle campagne è veicolata attraverso un editore. La maggior parte degli autori che sceglie il crowdfunding lo fa per propria iniziativa, per dare un vantaggio oggettivo al libro.

5- Pagare per pubblicare è una scorciatoia valida se non se ne accorge nessuno

Gli editori a pagamento sovente cambiano marchio, collane, nomi. Non sappiamo se sia per sfuggire alle liste di editori a pagamento che popolano il web o per altre ragioni. Fatto sta che poco importa se il nome dell’editore non compare in quelle liste: se ti chiede di pagare, in qualsiasi modo e in qualsiasi formula, quasi sicuramente lo chiederà anche ad altri. E statisticamente, prima o poi, qualcuno che si indigna, rifiuta e rende nota la cosa lo trova. È un segreto di pulcinella o, se preferisci, una pentola senza coperchio. Oltre al danno di aver pagato (ma questo potete valutarlo voi in considerazione delle vostre finanze, delle vostre aspettative e del vostro approccio all’editoria), vi trovereste con la beffa di una piccola macchia nel vostro curriculum da scrittore. Il classico libro che, quando manderete un nuovo manoscritto a un altro editore, sarete tentati di non menzionare o di menzionare senza riferimenti all’editore che lo ha pubblicato.

Il team di bookabook
Amiamo leggere e scoprire nuovi talenti. Crediamo nella forza del crowdfunding unita alla ricerca della qualità propria dell'editoria tradizionale. Digitale o profumo della carta? Tutti e due!
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